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Cronaca

Terrorismo, l'imam sul G7 a Firenze: "Il rischio zero? Non esiste"

All'indomani dell'attentato londinese, si tiene un convegno sul tema dell'accoglienza e della migrazione. "A Maggio sapremo dove costruire la moschea"

“Il rischio zero? Non esiste.” Non fa molti giri di parole l'imam di Firenze e presidente dell'Ucoii, l'unione delle comunità islamiche italiane, Izzedin Elzir, commentando i fatti di Londra e le possibili ripercussioni su una città d'arte come Firenze, anche e soprattutto, in vista del G7 di settimana prossima. Aggiungendo, però, che “sicuramente la realtà italiana è differente da quella europea”. L'occasione per incontrare la stampa è data dal convegno, tenutosi a Palazzo Medici Riccardi, dal titolo “Incontri nel mondo, chi bussa alla porta?” che ha visto protagonisti numerosi soggetti legati alle istituzioni ed alla cooperazione internazionale.

Parole, in realtà, non dissimili da quelle pronunciate questa mattina dal sindaco Dario Nardella durante un'ospitata televisiva. "Oggi nessuno più si stupisce del fatto che il terrorismo punti anche su città ha affermato il primo cittadino - di forte valore simbolico, politico o culturale. Firenze, Venezia, Roma possono certo essere città che possono essere messe nel mirino dei terroristi. E' chiaro che è necessario avere attenzione maggiore sia in termini di intelligence che di presidio delle forze dell'ordine". "La comunità islamica – ha aggiunto Elzir - come sempre, condanna senza se e senza ma questi criminali che cercano dimettere paura fra noi ed i nostri concittadini. Vorrei ricordare che le prime vittime di questi terroristi siamo proprio noi musulmani: fra questi quattro morti ci sono due musulmani anche se non mi piace “dividere” i morti, perchè tutti sono nostri concittadini. Detto questo, dobbiamo lavorare di più, tutti insieme, per dare una risposta efficace a questi criminali".

Il tema di una risposta globale, e degli errori dell'Europa, emergono a più riprese durante l'incontro, ed alle parole dell'imam fiorentino fanno eco quelle di Don Andrea Bigalli, dell'associazione Libera.

“Le storie di chi compie atti di terrorismo sono molto lontane da quelle di chi concretamente accogliamo. Siamo ad un bivio: vogliamo governare questa realtà con criteri politici o soltanto con criteri parziali? Serve un progetto comune e globale, bisogna intervenire per fare in modo che ci sia una ripresa di quello che chiamavano lo sviluppo globale. Dobbiamo dare a queste persone la possibilità di rimanere nella propria realtà di vita. Siamo di fronte anche ad un elemento storico fondamentale che è la denatalità e da qui a dieci anni i numeri saranno consistenti: bisogna capire se vogliamo ragionare ancora nella dimensione delle prospettive fatte di contrapposizione o se vogliamo lavorare per un itinerario comune. Ne va della sopravvivenza di questo paese. Non credo si possa conservare autonomia a questo mondo pensando che i muri servano a qualcosa”.  

Il futuro globale passa quindi dal dialogo, quello locale, tutto fiorentino, dalla costruzione della moschea, operazione non semplice considerando che qualcuno ne avrebbe – sempre secondo l'imam – tentato di impedire la realizzazione, ad esempio acquistando i terreni che erano stati pensati per la realizzazione del plesso religioso. Da qui la risposta guardinga di Elzir, che ha comunque indicato una data, quella del 27 maggio, il prossimo Ramadan: per quel giorno, il luogo deputato alla costruzione della moschea fiorentina sarà stato individuato e reso noto. C'è poi il tema della prevenzione ed anche in questo senso la comunità musulmana italiana sembra essersi portata avanti col lavoro.

“So che la maggior parte dei fiorentini sono, non solo per la moschea, ma per una bella moschea. Sono in contatto con la comunità islamica inglese, sono stati loro a riferirmi dei due morti musulmani, che sono due donne. Mi dispiace che, la prima persona che si trova, si dice subito che sia l'Imam della comunità islamica. Se l'uomo indicato fosse il colpevole... parliamo di una persona che si è convertita in carcere e non dentro ad una moschea: proprio per questo motivo, da anni, la comunità islamica ha iniziato ad operare dentro le prigioni.”

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