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Cronaca

Stamina, appello per Sofia: “Ha diritto alle cure”, la rete si mobilita

Centinaia di risposte in rete dopo che la madre della piccola ha lanciato un appello perchè sua figlia possa avere un infusione d'urgenza

Sofia è stata dimessa ieri dall’ospedale pediatrico Meyer. La piccola di quattro anni, affetta da una malattia neurodegenerativa, era stata ricoverata mercoledì a seguito di un aggravamento delle sue condizioni di salute.

Ieri la mamma della piccola, Caterina Ceccuti, ha lanciato un appello dopo che le infusioni del discusso metodo Stamina sono state bloccate sette mesi fa. La madre della bandiera della battaglia su Stamina, l'ultima infusione della bambina risale a dicembre, ha scritto su facebook: “Sofia De Barros dilaniata dal dolore e' ricoverata in ospedale. I dottori hanno fatto il massimo. Le dosi dei farmaci sono state aumentate ancora senza ottenere effetto lenitivo. Pretendiamo che la democrazia in cui viviamo si assuma la responsabilità delle proprie leggi e le faccia rispettare. Sofia ha diritto ad un infusione di urgenza negli Spedali Civili di Brescia".  "Tutti i pazienti tutelati dalla stessa legge ne hanno diritto - scrive la mamma -. Il governo si assuma la responsabilità di far rispettare la legge 57 approvata a maggio 2013 dal nostro Parlamento e tuttora vigente. Se la medicina alza le mani, di fronte a patologie ad esito infausto che condannano alle peggiori sofferenze, diamo una chance alla cura compassionevole che le spetta di diritto di dimostrare la propria efficacia".

Intanto la rete si sta già mobilitando con centinaia di messaggi, foto e post sui profili facebook della madre e del padre della piccola per far sì che Sofia possa ricevere un’infusione di staminali. Messaggi e solidarietà concatenati dall’hasthag #iostoconsofia.

Il padre di Sofia Guido Ponta (De Barros) in un lungo post su facebook: “Siamo ad una svolta...gli esami confermano la perfetta salute di Sofia e l'assoluta degenerazione neurologica... Oggi abbiamo appreso che l'ipertono non è, come pensavamo, per forza un modo di comunicare oppure una reazione ad un disagio, ma può scatenarsi indipendentemente per gli effetti neurodegenerativi devastanti della patologia”. E poi, ripercorrendo tutta la vita della famiglia prima e dopo l’arrivo della malattia scrive: “Nel nostro Sistema Sanitario Nazionale non esiste un protocollo che riunisca sotto la stessa egida una gruppo di specialisti, che conoscendo queste patologie, siano in grado di seguire le famiglie nelle necessità del figlio e dei genitori... Le famiglie con patologie rare sono destinate a vivere dei brandelli rubati ai protocolli esistenti per altre patologie o casi risolvibili...”

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