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Sentenza per la strage di via dei Georgofili: ergastolo

La Corte D'Assise di Firenze ha condannato all'ergastolo il boss Francesco Tagliavia per la strage di via dei Georgofili

Dall’aula bunker del Tribunale di Firenze è arrivata nel tardo pomeriggio la sentenza di condanna per Francesco Tagliavia: i pm Giovanni Nicolosi e Alessandro Crini avevano chiesto per l’imputato l’ergastolo con tre anni di isolamento diurno, e così è stato.  Respinta la tesi difensiva dei legali dell’imputato che avevano avanzato la richiesta di assoluzione con formula piena. La corte, con questa sentenza, ha avvallato l’impianto probatorio portato avanti con convinzione dalla procura di Firenze. “Siamo veramente molto soddisfatti – ha commentato a caldo il numero uno della procura di Firenze Giuseppe Quattrocchi –, la sentenza conferma l’impostazione data alla vicenda giudiziaria dal pubblico ministero. Fa giustizia su un episodio di assoluta gravità. Non possiamo che essere soddisfatti ed abbiamo la consapevolezza che lo Stato ancora una volta è riuscito a rappresentarsi nella maniera migliore”.

TAGLIAVIA E SPATUZZA – Dopo quasi vent’anni i morti e Firenze ancora attendono la verità, chiara e definitiva. Oggi si è chiuso l’ennesimo capitolo di un libro ancora oscuro e dai possibili finali perversi. Con la sentenza del Tribunale di Firenze si è aggiunto un tassello in più, un ulteriore mattone di interconnessione tra la crudezza dei fatti e la verità storica. Un elemento nuovo, emerso nel 2010, quando i pm Nicolosi e Crini raccolsero la testimonianza dell’ergastolano Gaspare Spatuzza, uno dei 15 uomini, assieme all’allora padrone di Cosa Nostra Salvatore Riina ed i boss Bernardo Provenzano, Giuseppe Graviano e Matteo Messina Denaro, condannati in via definitiva all’ergastolo per la stagione stragista che insanguinò la penisola. I giudici hanno dato ragione alla tesi dei pm che accusavano Tagliavia di aver preso parte nel maggio del ’93 alla famosa riunione in un villino a Santa Flavia (Palermo), dove a tavolino venne progettata la strage dei Georgofili e fu pianificata la strategia contro il patrimonio artistico. Tecnicamente Tagliavia non è accusato di aver fatto parte materialmente ed in prima persona delle stragi. Sarebbe stato impossibile, il boss infatti fu arrestato il 22 maggio del ‘93, cinque giorni prima dell’attentato a Firenze. Ma di averne formalizzata la decisione e di aver contribuito alla realizzazione fornendo soldi e uomini. Tre per la precisione, tutti fidati e tutti esperti in tecniche esplosive: Cosimo Lo Nigro, Giuseppe Barranca e Francesco Giuliano. Un tramite tra i mandanti e gli esecutori. Così il pluriergastolano Tagliavia in carcere da oltre 18 anni, uomo d’onore di Cosa Nostra, che brindò assieme a Riina per la morte di Paolo Borsellino, la cui scia di sangue conta 26 omicidi e la strage di via d'Amelio, ha ascoltato l’ennesima sentenza di condanna da uno schermo televisivo. In piedi, non ha fatto una piega.

La corte quindi ha dato credito alle tesi di Gaspare Spatuzza. L'ex boss di Brancaccio, braccio destro dei fratelli Graviano, ha dato nuova luce e linfa alle indagini sulle stragi compiute tra il ’93 ed il ’94. Le sue parole sono state ritenute attendibili dai pm tanto da farlo accedere al programma di protezione riservato ai pentiti. Uomo discusso, controverso, le cui dichiarazioni hanno aperto una fase indagatoria nuova. Da qui una sentenza, un punto e un accapo. In sede di dibattimento processuale infatti i pm fiorenti Nicolosi e Crini, sulla base delle testimonianze di Spatuzza, hanno cercato di dimostrare l'esistenza di una trattativa tra mafia e Stato. “L'attendibilità di Spatuzza – ha affermato il procuratore Quattrocchi – non ha bisogno di aprire scenari nuovi, li aveva già aperti e ce ne sono altri in altre sedi. Probabilmente questa sentenza proietterà in quelle sedi un risultato efficace. Sulle stragi si continua a indagare sempre, mandanti esterni o interni che siano. Questa sentenza ne è la prova”.

I FAMILIARI – “Cosa nostra – scriveva prima della sentenza Giovanna Maggiani Chelli dell'associazione dei parenti delle vittime della strage dei Georgofili – capeggiata da Salvatore Riina e Bernardo Provenzano, a Firenze, la notte del 27 maggio 1993, ha ucciso cinque dei nostri parenti più cari e ne ha feriti 48 causando invalidità gravissime e irreversibili. Ma soprattutto Cosa nostra, il 27 maggio 1993, ha messo in discussione, come risulta oggi fin troppo evidente agli occhi di tutti, la democrazia stessa del nostro Paese”. Dopo la sentenza Giovanna Chelli ha dichiarato: “oggi ci gratifica il fatto che Gaspare Spatuzza è attendibile a tutti gli effetti. Qui oggi c’è una sentenza per un uomo che lui chiama in causa. Gaspare Spatuzza è vero; quindi se è vero, visto che le stragi non vanno mai in prescrizione, noi ci auguriamo che nel tempo, magari con altri giudici, prima o poi arriveremo ai mandanti esterni a Cosa Nostra. Noi oggi chiediamo che non si fermino le indagini sui mandanti esterni a Cosa Nostra, che nessuno si fermi nascondendosi dietro al dito”. La Corte, nella sentenza di oggi, ha stabilito anche una serie di risarcimenti danni: 200 mila euro per il ministero della Difesa; 100 mila euro rispettivamente per Regione Toscana e Comune di Firenze e 10 mila euro per le numerose parti civili formate dai familiari delle vittime o da persone che rimasero ferite o subirono danni in seguito agli attentati.

LA STRAGE - 27 maggio 1993, Firenze si sveglio di colpo, ferita nel profondo. L’una e quattro minuti, via dei Georgofili, all’ombra della Torre delle Pulci, sede dell'Accademia dei Georgofili, d’improvviso un boato, uno squarcio profondo, le macerie, la polvere, poi i morti, i feriti, il sangue, le persone che accorrono, le grida, le sirene. L’una e quattro minuti, è scoppiata una bomba, 250 chilogrammi di tritolo, T4, pentrite, nitroglicerina, deflagrati in una Fiat Fiorino parcheggiata a fianco dell’Accademia. Sul "campo", 5 vittime: Caterina Nencioni di 50 giorni, Nadia Nencioni di 9 anni, Angela Fiume di 36 anni, Fabrizio Nencioni di 39 anni, Dario Capolicchio di 22 anni. Quarantotto i feriti. Nell’esplosione rimane “ferita” anche la Galleria degli Uffizi.
 

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