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Venerdì, 19 Aprile 2024
Cronaca Centro Storico / Piazza di Santa Maria Novella

Le voci del corteo della Firenze ferma per Mor e Modou: "No al razzismo"

Preghiera, raccoglimento e silenzio. Le voci di chi ieri ha sfilato lungo le vie della città per contrapporsi alla cultura dell'odio

Davanti una preghiera ritmata, sempre la stessa, incessante; dietro un corteo funebre di ventimila persone. Da piazza Dalmazia a piazza Santa Maria Novella, un fiume, fatto di migliaia di senegalesi e fiorentini, scesi per le strade di Firenze per dire no alla morte assurda, per dire no al razzismo. “E’ un canto in lingua araba – dice un ragazzone senegalese elegantissimo con in mano la bandiera del Senegal – una preghiera; significa ‘grazie Dio’, un po’ come il vostro Padrenostro”. Dopo la strage dei mercati, dopo la morte di Mor Diop e Modou Samb, dopo la rabbia, dopo la politica, resta la preghiera per chi è caduto nel sangue e per i loro cari. “Mor è morto il 13 dicembre 2011 – racconta un altro ragazzo al suo fianco con le foto della moglie e della figlia dell’uomo barbaramente ucciso – ed è venuto in Italia esattamente 13 anni fa. E’ partito quando sua moglie era da tre mesi in attesa della loro figlia. Non era un ambulante, era andato in piazza Dalmazia solo per far due chiacchere con degli amici. Era in attesa dei documenti per far ritorno in Senegal, da quella figlia che non aveva mai visto. Mor oggi ritornerà in Senegal, ma in una bara, morto, e non potrà mai abbracciare, conoscere, quella figlia attesa ben 13 anni”. Tredici, un numero, un simbolo, cattivo, spietato, a segnare il passato, una vita spezzata ed un amore troncato.

I volti della manifestazione - Giorgi/Firenze Today

ROSSI – Il corteo scorre piano, il servizio di sicurezza affidato ai senegalesi è più che efficiente, non doveva succedere nulla e non è successo nulla. La comunità senegalese era stata chiara, “questo è un corteo funebre”. Messaggio compreso da tutti. “Siamo in piazza – racconta una ragazza senegalese con degli occhiali enormi ed un sorriso contagioso – per dire no al razzismo e sì alla vita; non permetteremo di essere strumentalizzati. La vita non è in discussione, sarei qui oggi se fosse successo a due italiani, con il cuore pulito e con amore”. La preghiera, i cartelli, i canti funebri, e poi silenzio, tanto silenzio. Una lezione di dignità e di pace, lungo tutto il percorso. “Firenze come Torino – confessa il presidente della Regione Enrico Rossi dal palco di piazza Santa Maria Novella – la Toscana come Caserta” ricordando la strage di Castelvolturno dove furono assassinati un italiano, tre ghanesi, un liberiano ed un cittadino del Togo dai sicari della camorra. “Troppi gli episodi di razzismo – continua Rossi – l’Italia rischia di perdere la sua anima, aiutateci a ritrovare la strada”. Il presidente della Regione alza la voce quando chiede al Parlamento norme più severe e tese a stroncare la cultura razzista partendo dai quei “commenti infami” apparsi nei siti ad inneggiare le gesta del killer, Gianluca Casseri. “Sento in questi giorni troppo spesso la parola follia – continua Rossi dal palco poco dopo aver fatto appello al presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, di concedere la cittadinanza ai tre senegalesi rimasti feriti nella strage –; questo non è il gesto isolato di un folle, sarebbe troppo facile dire così, ma è frutto di una cultura e di una tolleranza verso ideologie xenofobe e razziste che già conosciamo. L’Europa è attraversata da un nuovo terrorismo, un terrorismo razzista”.
Se Rossi chiama tutti all’unità culturale e tira le orecchie alla politica, la piazza risponde con lunghi applausi. Ma, finite le celebrazioni, rimangono le parole di chi vive un eterno quotidiano in salita. “Il razzismo è un concetto un po’ strano. Se guardo questa piazza – racconta un ragazzo del servizio d’ordine, in Italia da 8 anni – come faccio a dire che Firenze è razzista. Oggi non c’è, ma domani? La paura, l’emarginazione, è qualcosa che non si vede, però c’è. Io non sento di essermi integrato con la città, è una cosa molto difficile”. Al suo fianco una ragazza, arrabbiata ma speranzosa, ha in mano un mazzo di fiori con una dedica: “Ogni uomo è un fiore”. “Il razzismo – racconta – è una cosa bruttissima, figlio dell’ignoranza. Perché devo fare il doppio di fatica per lavorare o trovare un posto di lavoro? Perché non sono tutelata come gli altri? Perché tutta la mia vita deve scandita dal permesso di soggiorno? Io amo Firenze e non pretendo che ci sia piena integrazione, ma vorrei una civiltà pacifica”. Nel corteo e nella piazza, stampati sui cartelli, i volti di Malcom X e Nelson Mandela. Oggi, come ieri, la storia si ripete.

VENDOLA – “Ho visto – dice il leader di Sel Nichi Vendola dalla pancia del corto silenzioso – a Firenze l’Italia che non si abitua a convivere con il veleno dell'intolleranza, l'Italia che non cancella le proprie virtù civiche, l’Italia che sceglie la solidarietà, l'Italia che si ribella ai pogrom antirom e alle stragi razziste. E qui a Firenze -prosegue il presidente di Sel – abbiamo visto oggi l'Italia migliore, quella che chiede di cancellare le leggi gonfie di xenofobia che hanno dominato la scena pubblica italiana. Che chiede il diritto di cittadinanza per chiunque nasca nel nostro Paese, che chiede la cancellazione della Bossi-Fini, che chiede la sanzione penale per chi istiga all'odio razziale, che chiede cioè eguali diritti per chi viene qui a lavorare, a cercare fortuna. Oggi qui a Firenze – conclude Vendola – ho avuto la sensazione di una dignitosa celebrazione, la più bella, dei 150 anni dell’Unità d'Italia. La meno retorica, la più intensa, che parla della Patria di oggi fatta di tante culture, di tante storie”.
Dal palco una voce al microfono: “Vorremmo che ognuno pregasse per Mor e Modou nella religione in cui crede, nella propria lingua, per la propria pace”. Un'altra lezione di civiltà, l’ennesima di un pomeriggio intensissimo. Quando, poi, sul palco sale il portavoce della comunità senegalese di Firenze, Pape Diaw, dalla piazza sale un boato: “E’ possibile che nel 2011 una persona possa morire per il colore della pelle, nel cuore dell’Europa? Per noi è inaccettabile”. Pape guarda la piazza gremita e ringrazia la città: “Grazie Firenze, hai detto no al razzismo, non ci stiamo e ti sei fermata”. “Io – ha continuato Pape Diaw – più del razzismo ho paura della cultura che diffonde questo tipo di messaggio. C’è un partito che si richiama alle radici cristiane ma fomenta l’odio razziale. Questa gente dovrebbe leggere 70 volte il Vangelo ma non capiamo se loro usano la religione solo per propaganda”. Parole nitide, con un recapito preciso, la Lega Nord, come ha poi spiegato Pape Diaw parlando con i giornalisti appena sceso dal palco. “Questo momento dovrebbe essere per la politica italiana l’alba di una nuova speranza, affinché' i nostri fratelli non siano morti invano. Se la politica riuscirà a dare le giuste risposte ci sarà una sua resurrezione, se no avremo perso tutti”.
 

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