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Martedì, 30 Aprile 2024
Il caso / San Jacopino / Via Maragliano

Racket nell’hotel Astor, a processo lo zio di Kata

Quattro le persone rinviate a giudizio: pretendevano soldi per affittare le stanze. Tra le accuse anche tentato omicidio

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Avevano messo le mani sul vecchio albergo occupato, imponendo un tariffario per l’uso delle camere e sopprimendo con la violenza tutti i tentativi di ribellione. La procura di Firenze ha chiesto il rinvio a giudizio per il racket delle stanze nell’ex hotel Astor di via Maragliano, teatro lo scorso 10 giugno della scomparsa della bimba peruviana di cinque anni, Kataleya. Quattro gli ex occupanti, tutti connazionali della piccola, per i quali i pubblici ministeri Christine Von Borries e Giuseppe Ledda hanno chiesto il processo: Angenis Abel Alvarez Vasquez, 29 anni, uno degli zii della piccola Kata, Carlos Martin De La Colina, 37 anni, considerato 'il boss' del racket, Nicolas Eduardo Lenes Aucacusi, 39 anni, e Carlos Manuel Salinas Mena, 63 anni.  A riportarlo è l’edizione fiorentina di ‘Repubblica’.

I quattro imputati, assistiti dall'avvocato Elisa Baldocci, sono accusati di una lunga serie di taglieggiamenti e anche del tentato omicidio avvenuto lo scorso 28 maggio, due settimane prima del sequestro della bimba, quando un cittadino ecuadoriano cadde da una finestra a 7 metri dal suolo per sfuggire a un’aggressione del clan. 

Contestati anche i reati di estorsione, rapina e lesioni. Secondo le indagini della squadra mobile fiorentina, il gruppetto peruviano avrebbe agito assieme ad altre persone chiedendo sistematicamente soldi (in media 600 o 700 euro) per usare le stanze. “Pretendevano, inoltre, denaro anche quando alcune persone volevano andare in visita ad altre che abitavano nell’hotel” , la ricostruzione degli inquirenti. 

Grazie a svariate testimonianze sono stati ricostruiti movimenti e azioni del clan peruviano, che, armato di mazze da baseball e ferro, si sarebbe più volte scagliato contro famiglie e coppie dentro l'ex Astor (dove avrebbero abitato oltre 130 persone straniere), minacciandole di morte e costringendole a barricarsi nelle camere per scampare alle violenze. La sera del 28 maggio scorso, in particolare, secondo l'accusa ci sarebbe stata “una spedizione punitiva” di una quindicina di persone per prendere possesso delle stanze. “Aprite la porta che qui vi buttiamo fuori come cani” avrebbero urlato alcuni. In quei minuti il cittadino ecuadoriano, nella disperazione, si sarebbe appeso con le mani al davanzale di una finestra e poi lasciato cadere nel vuoto per paura di essere ucciso. Le conseguenze per lui furono gravi, con fratture multiple. 

Sulla scomparsa della piccola Kata, però ancora nessuna svolta. Gli ultimi a finire sul registro degli indagati sono stati proprio due zii della piccola, nelle cui stanze erano state rinvenute tracce sospette che avevano fatto pensare a del sangue (ipotesi poi smentita dagli esami), ma anche questo filone sembra non aver prodotto ancora sviluppi concreti. Riguardo le ipotesi, quelle principali sono legate proprio a una vendetta per le violenze che infestavano l’ex hotel Astor (e in cui avevano un ruolo di primo piano i familiari di Kata) e quella della ritorsione per un abuso sessuale, che una giovane occupante dell’albergo avrebbe subito nelle settimane precedenti il rapimento da una persona vicina alla bambina.

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