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Cronaca

Pugno del professore a Pontedera, mondo della scuola sotto pressione: "L'insegnante non conta più niente, va tutelato"

Consapevolezza di svolgere un ruolo importante senza le dovute riconoscenze. Come il mondo della formazione si interroga su come andare avanti

Ha fatto il giro di tutta Italia il video dove un professore, presso un istituto di scuola superiore di Pontedera, ha tirato un pugno nello stomaco ad un suo alunno, a causa dei continui sbeffeggiamenti del ragazzo. Non è la prima volta che episodi di violenza si verificano nelle scuole e potrebbe non essere l'ultimo. Tra mancanza di tutele, discussioni sulla figura dell'insegnante e il ruolo dei genitore, il mondo della formazione sembra ormai essere arrivato ad un bivio. 

“Non saprei se questi comportamenti sono aumentati da parte degli alunni – racconta una professoressa ancora in attività -, ma sicuramente è diminuita la considerazione della figura dell'insegnante. Non penso che oggi ci sia un maggior disagio nei giovani rispetto a prima, semplicemente l'insegnante ha perso valore. Non conta niente nella società, soprattutto dal punto di vista economico. Se il primo a non dare questo valore alla nostra figura è lo Stato, figuriamoci come lo possono dare gli altri. Oltre a questo, ciò che amplifica questo genere di episodi è la presenza sempre maggiore dei social nella vita degli studenti. Un tempo i telefonini non c'erano nelle classi, quindi un ragazzo può essere portato a fare queste cose per poi essere “ammirato” per le sue gesta. In ogni caso, alla base, c'è la mancanza di autorevolezza completa dell'insegnante. Bisogna rivedere tutto il sistema scolastico, cominciano in primis dall'aspetto economico, perché quanto vali nella società purtroppo te lo quantifica anche quanto sei vieni pagato per il tuo lavoro".

La solidarietà al professore

“Sulla figura del genitore poi c'è un paradosso – continua l'insegnante -. Alla scuola si affida il ruolo dell'educazione dei ragazzi. Fin dalla scuola materna i bambini passano la maggior parte della loro vita a scuola. Però sono gli stessi genitori che svalutano l'autorevolezza degli insegnanti”.

“Il problema è che non ci si pone mai quali sono le cause che portano a questi episodi – commenta Luciano Macrì, ex professore dell'istituto Leonardo da Vinci -. Se il problema dell'insegnante è di tipo psicologico o psichiatrico, allora doveva già saperlo il dirigente scolastico. Le scuole ormai sono fuori controllo da anni. In alcuni istituti l'insegnante va a lavorare terrorizzato, abbandonato a se stesso. Ormai i professori sono stati svuotati completamente sia di autorevolezza, sia di autorità. Nella mia carriera mi sono trovato in situazioni dove, se non adottavo un certo atteggiamento, mi prendevo un cazzotto da un ragazzo. Una volta un alunno buttò una sedia dalla finestra, semplicemente perché si annoiava. Ho sempre cercato di mantenere queste situazioni sotto controllo, ma non è facile, perché un professore praticamente può solo subire. Inoltre non si fa niente per far piacere la scuola agli studenti, con i ragazzi che arrivano alle superiori sempre più impreparati, finendo per non capire quello che si spiega”. 

Stress, ansia e la consapevolezza di svolgere un ruolo importante, senza però le dovute riconoscenze. Sembrano queste quindi le cause che portano un insegnante a compiere un gesto così estremo. Gesti che nella maggior parte dei casi vengono condannati (giustamente), ma che dietro celano un disagio, come spiega il dottore Vittorio Lodolo D'Oria, medico specialista che ha dedicato gran parte della sua vita allo studio delle malattie professionali degli insegnanti: “Il primo difetto di fondo nasce dal fatto che ancora, nel terzo millennio, non riconosciamo queste malattie. Dall'altra parte il dato che dovrebbe farci svegliare per porre maggiore attenzione su questa categoria è che spesso, con una semplice diagnosi psichiatrica, l'inidoneità medica nell'insegnante è a un livello dell'80%. Questo è un dato molto forte, e non è una situazione relativa solo all'Italia, ma in tutta Europa. Tali dati ci dicono che la categoria degli insegnati è quella più soggetta a rischio suicidio. Questo perché il rapporto con l'utenza è particolarissimo. L'insegnante vede i ragazzi tutti i giorni, per più ore al giorno, per 5/6 volte alla settimana, per 9 mesi. Non esiste alcun altra professione con un rapporto simile con l'utenza".

"Siamo tutti d'accordo che questo professore a Pontedera abbia sbagliato - continua D'Oria -, ma bisogna andare alla radice del gesto. Quando capitano episodi simili, il dirigente scolastico si limita a sospendere l'insegnante, quando invece dovrebbe prevenire lo stress da lavoro correlato. Su 100 dirigenti in Italia, 99 non fanno niente di tutto ciò. E questo non viene fatto neanche dal Ministero dell'Istruzione. Per arrivare ad una soluzione bisogna innanzitutto rivalutare il prestigio di questa figura, anche dal punto di vista economico, e riconoscere queste malattie professionali, cose che altri paesi stanno già facendo, istituendo di conseguenza le tutele corrette. Gli studi dimostrano come non ci sia differenza tra un insegnante delle scuole elementari e uno delle superiori. Un ulteriore conferma, oltre al fatto che non ci sono differenze tra uomo e donna, quando a livello scientifico, è certificato che la suscettibilità a livello ansioso-depressiva colpisce la donna rispetto all'uomo di due volte e mezzo in più. Questo vuol dire che la professione è così psico-fisicamente usurante che ha livellato quella che è una differenza naturale tra generi, e questo è il dato più eclatante di tutti. Dobbiamo ammazzare gli stereotipi che ci sono su questa professione per poter cominciare a cambiare le cose”.

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