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Cronaca Pelago

Pelago: cassa integrazione per cinquanta dipendenti della Colacem

I lavoratori della ex Italcementi protestano contro la decisione dell'azienda di mettere in cassa integrazione cinquanta dipendenti fino al 2014

Dura protesta dei lavoratori dell'ex Italcementi di San Francesco di Pelago per la decisione di Colacem, attuale proprietario della fabbrica, di attivare da ieri la cassa integrazione per tutti e cinquanta i dipendenti fino al 2014.

Italcementi aveva deciso la cessione della sede di Pelago a Colacem spa, colosso umbro leader nel settore cementizio nazionale, nel giugno scorso, comunicando l’obiettivo di una razionalizzazione del complessivo apparato industriale, che consentirebbe all’azienda di affrontare in modo più efficiente l'attuale congiuntura preparando nel contempo l’attuale sistema produttivo e distributivo a far fronte alla futura ripresa del mercato. Promesse che non sarebbero state mantenute secondo le Rsu aziendali, preoccupate sul futuro dei lavoratori, definiti ignari fino all'ultimo del loro destino e adesso costretti ad accettare una situazione quanto mai complicata.

“Abbiamo avuto vari incontri con l’azienda - ricorda un rappresentante delle Rsu - che ha sempre rimarcato questa caduta verticale del consumo di cemento, illustrandoci la necessità di una profonda riorganizzazione ma non di una cessione che ci è sembrata peraltro anomala, visto che sono stati acquistati solo gli impianti e il personale, lasciando ad Italcementi la concessione per l’utilizzo della miniera e lo stesso stabilimento”. La protesta delle Rsu verso il Gruppo Italcementi deriva quindi da una mancanza di comunicazione e chiarezza – secondo i lavoratori – sulla decisione di cedere l’attività a Colacem, ma sopratutto dopo un periodo privo di segnali di difficoltà e volontà di vendere. Ma non è finita qui. Perché la vera “spada di Damocle” sulla testa dei dipendenti viene da Rassina (Arezzo), sede di un più grande e moderno stabilimento Colacem, capace di produrre circa 1 milione di tonnellate di cemento all’anno, rispetto alle circa 200 mila tonnellate di quello di Pelago.

“Qui la produzione di cemento è passata del tutto in secondo piano e può essere considerata nulla – dichiarano sempre dalle Rsu -, noi ci limitiamo ad estrarlo, impacchettarlo e spedirlo sfuso, senza macinarlo, ma solo facendo un’attività di imbustatori e spedizionieri”.

Preso atto della vicenda i consiglieri provinciali del Pd Stefano Prosperi e Piero Giunti hanno rivolto alla Giunta della Provincia di Firenze una interrogazione per porre l’attenzione sulla questione dei lavoratori “ritenendo necessario che tutte le istituzioni coinvolte facciano il possibile per mantenere e rilanciare l'attività dello storico cementificio di Pelago, ed in ogni caso per tutelare i dipendenti e cercare di assicurare loro un futuro lavorativo adeguato”. Anche il Sindaco di Pelago Renzo Zucchini ha ribadito il rammarico per la situazione e allo stesso tempo l’impegno del Comune nel seguire la vicenda, nella volontà di mantenere attiva un’azienda storica del territorio e soprattutto tutelare il futuro dei dipendenti.

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