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Cronaca

Morte di Duccio Dini, un giuramento di fedeltà all'origine del folle inseguimento

La onlus degli amici è fuori dal processo

L'associazione Amici di Duccio Dini Onlus non potrà partecipare come parte civile al processo per la morte del 21enne fiorentino, deceduto il 19 giugno 2018 dopo essere stato travolto da un'auto impegnata in un folle inseguimento sul viale Canova, all'Isolotto.

Lo ha stabilito stamani la corte d'assise presieduta dal giudice Raffaele D'Isa, davanti alla quale sono imputati 7 cittadini di etnia rom. L'accusa nei loro confronti è di omicidio volontario con dolo eventuale. La richiesta della onlus non è stata accolta perché l'associazione è nata dopo il tragico evento: dunque l'evento non può averla danneggiata.

Nel corso della seconda udienza del processo che si svolge in aula bunker, è stato ascoltato come testimone Bajram Rufat, il cittadino rom che a bordo della sua macchina scappava da altre due auto in cui si trovavano altri rom, una delle quali travolse Duccio Dini in sella al suo scooter fermo al semaforo.

L'uomo, figlio del 'capo spirituale' del campo nomadi del Poderaccio, rappresentato dall'avvocato Lapo Gramigni, non ha soltanto ricostruito la dinamica dell'inseguimento ma ha anche spiegato al pm Tommaso Coletta da cosa sarebbe scaturita la lite sfociata dell'inseguimento.

Rufat, ha spiegato alla corte, voleva un giuramento di fedeltà - firmato e filmato - da parte di sua moglie, scappata due anni prima e poi riportata nel campo rom dai suoi parenti. Parenti tuttavia irritati dalla richiesta di filmare il giuramento, tanto che due giorni prima dell'inseguimento sarebbe scoppiata una lite tra lui e i parenti della donna.

Nell'occasione, l'uomo avrebbe spinto il suocero davanti a tutti: un gesto interpretato come una grave mancanza di rispetto. Da qui la decisione di "fargliela pagare" e l'inseguimento, due giorni dopo, costato la vita a Duccio Dini.

Nei confronti di quest'ultimo, Rufat all'uscita dall'aula ha riservato parole di dolore e solidarietà: "Mi dispiace per lui e per la sua famiglia, purtroppo è accaduto, lui non c'entrava nulla, non volevano ammazzarlo". Il processo prosegue il 24 settembre.

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