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Domenica, 28 Aprile 2024

L'invasione della chiocciola asiatica nell'Arno | VIDEO

Importata probabilmente dai cinesi, la Sinotaia domina i fondali. “La soluzione non è introdurre un predatore” dicono gli esperti. E in due secoli le specie aliene hanno sostituito le autoctone nel fiume

Chiocciole. Centinaia e centinaia di chiocciole. Sono quelle che giorni fa sono state viste da più cittadini sul fondale dell'Arno durante i lavori alla Pescaia. “Si tratta della Sinotaia quadrata, una specie asiatica – spiega Simone Cianfanelli, curatore delle collezioni malacologiche del Museo La Specola – ne abbiamo segnalato noi la presenza per la prima volta in Europa nel 2017. Da lì è stata trovata un po' ovunque”.

Com'è arrivata

Ovviamente questa chiocciola dai fiumi asiatici non è arrivata da sola. “Le prime tracce le abbiamo trovate nell'Ombrone – prosegue Cianfanelli – da lì poi si è diffusa nell'Arno ed è stata poi segnalata in altri paesi europei. Molto probabilmente è stata importata dai cinesi che vivono a Prato che devono aver provato a fare una specie di allevamento libero per poi mangiarsele. Da lì poi si sono espanse. È un fatto culturale legato alle abitudini alimentari. Se andiamo al mercato di Prato tra i negozi cinesi se ne trovano tantissime in vendita”. Il loro arrivo, oltre a invadere l'Arno, ha creato non pochi problemi alla fauna del fiume. “Il loro arrivo come quello di altre specie alloctone – chiarisce il professore – è un problema sanitario ed ecologico. Sono animali non controllati dal punto di vista igienico, possono avere batteri o anche microplastiche come sembra sia venuto fuori da alcuni studi. E poi ci sono problemi ambientali visto che entrano in concorrenza con quelle autoctone, portando via spazio e habitat alla specie autoctona che pian piano soccombe. È successo anche con la Sinanodonta Woodiana, un grosso bivalve che troviamo nell'Arno e che sta sostituendo la specie autoctona”.

Il problema delle specie aliene nell'Arno

Una ricerca del 2020 fatta da varie università europee al quale ha partecipato anche il Museo della Specola, ha evidenziato che negli ultimi due secoli nell'Arno c'è stato un ricambio quasi completo tra pesci e molluschi. Nel 1800 i pesci autoctoni erano il 92 per cento, oggi il 94 per cento delle specie sono non autoctone. Gli invertebrati invece nel 1800 erano tutti autoctoni mentre ora il 70 per cento sono specie non autoctone. “Le specie aliene – specifica Elena Tricarico, biologa dell'Università di Firenze - sono quelle che sono state introdotte volontariamente o accidentalmente. In estate abbiamo parlato molto del granchio blu ma sono note a tutti anche il rincoforo delle palme o il gambero della Louisiana. In Italia si parla di almeno 3300 specie aliene di cui il 15 per cento sono invasive. Nel mondo le specie esotiche invasive hanno contribuito da sole o insieme ad altri fattori al 60 per cento delle estinzioni globali. Duecentodiciotto specie aliene invasive hanno causato da sole l'estinzione di 1.215 specie locali. Nell'Arno troviamo anche delle piante come la Robinia, introdotta dall'uomo, che ha proliferato e potete vedere ai lati del fiume. Un'altra specie che troviamo in Toscana e di cui una delle prime segnalazioni è stata fatta nel Lago di Bilancino è la Dreissena, detta anche cozza zebrata che arriva tramite barche o partite di pesci. È un mollusco che crea delle colonie incrostanti che cambiano i fondali. Negli Usa si addestrano i cani per trovarle”.

Come risolvere

Per contenere o eliminare la Sinotaia quadrata, introdurre un predatore non sembra la soluzione migliore. “Vediamo cosa è successo in Australia – osserva Cianfanelli - introducendo i predatori, la cura è stata peggio della malattia”. “Il problema della lotta biologica – sottolinea Tricarico – è che bisogna essere sicuri che il predatore poi non vada a colpire altre specie native, ci si può augurare che i nostri predatori come ad esempio gli uccelli inizino a predare questa nuova specie”. Quindi resta da capire come si possa almeno contenere. “In genere le specie nuove appena arrivano passano un periodo di latenza – chiarisce Cianfanelli - poi ne hanno uno di esplosione. Quindi la natura trova un suo equilibrio e il numero si riduce, come già è stato verificato per altre specie. Penso succederà anche per la Sinotaia. Oggi è nella fase di esplosione ma pian piano ritroverà un certo equilibrio naturale. Naturale per modo di dire, perché qua comunque non ci dovrebbe stare”.
 

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