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Giovedì, 28 Marzo 2024
Cronaca

Morto per salvare i documenti: protesta dei migranti, corteo fino alla mostra di Ai Weiwei / VIDEO

Prima hanno protestato sotto la prefettura poi sono entrati nel cortile di Palazzo Strozzi dove si sta svolgendo la mostra del dissidente cinese

Nel primo pomeriggio una parte dei migranti scampati all'incendio di via Avogadro a Sesto Fiorentino, a causa del quale un 44enne somalo è morto in ospedale, hanno protestato in via Cavour sotto il palazzo della Prefettura.  Dopo essere sfuggiti alle fiamme nel capannone in disuso dell'ex Aiazzone ed aver trovato ristoro nelle tende montate in piazza Marconi, una quarantina di profughi, accompagnati da alcuni attivisti del Movimento lotta per la casa, sono quindi andati a protestare sotto Palazzo Medici Riccardi. 

LA MORTE DEL 44ENNE NELL'INCENDIO

"Vogliamo incontrare il prefetto, è  morto un nostro amico", hanno detto riferendosi al 44enne somalo stroncato dal fumo dell'incendio.  A proteggere la porta di palazzo Medici Riccardi si è piazzato un cordone di agenti della polizia in assetto antisommossa.  E così sono iniziate a volare le grida "vergogna - vergogna", "aprite questa porta". Siamo qui, è scritto nell'unico striscione esposto nel presidio, perchè "vogliamo una casa e una vita dignitosa".

VITTIMA - La vittima, Ali' Muse, "è morto per salvare i documenti per il ricongiungimento familiare con la moglie e con la figlia, oggi in Kenya".  Quei pochi fogli, il lascia passare al bene più prezioso, per cui "si è speso per oltre due anni: per la figlia gli hanno chiesto anche il test del Dna", racconta Alì, omonimo e amico della vittima, sfogandosi all'Agenzia Dire. "Abbiamo cercato di trattenerlo, ma è rientrato". Altri, nella sua stessa condizione, "lo hanno seguito. Lui però non ce l'ha fatta". 

IL RACCONTO DELL'AMICO // VIDEO //

Il racconto è concitato, con la rabbia che si mescola al pensiero di quei momenti drammatici. "C'erano le fiamme, abbiamo chiamato i vigili del fuoco. Abbiamo portato via donne e bambini"; "Ma poi il fumo ha invaso tutto. Io per portare la gente fuori mi sono sentito male". Fin qui il racconto di una notte indelebile, fino a che Ali' si scaglia contro chi, "negli ultimi due anni ci ha abbandonato. Ci toglievano la luce, l'acqua. Abbiamo chiesto aiuto, un bagno, ma nessuno ha fatto nulla. Oggi qui parlano tutti di noi, ma dove erano prima".   Dalla Sierra Leone all'Italia con lo status di rifugiato, poi il giro d'Europa e per i patti di Dublino di nuovo in Italia. Non in via Slataper, come si era appreso in un primo momento, ma nell'occupazione di viale Guidoni. Poi a Sesto. "Facciamo lavoretti, vendiamo borse, ma non abbiamo una casa, un lavoro vero. Non riusciamo ad integraci". Così Ali' muove l'accusa più forte: "Per sopravvivere - e quasi urla- siamo diventati schiavi dei cinesi per 2,5-3 euro l'ora. Ma non me la prendo contro i  cinesi perchè loro sono diventati per primi gli schiavi degli italiani". 

La rabbia Ali' la riversa sulle istituzioni: "Dove sono i nostri diritti umani", quelli "garantiti per i rifugiati. La verità che fanno interessi con noi, con i soldi che prendono per prendersi cura di noi. E poi raccontano balle, con gli italiani che ci odiano perchè credono che siamo qui a rubare il lavoro".  

TRAGEDIA: TRA CORDOGLIO E POLEMICHE 

Ali' torna in corteo, ma ora preferisce "morire prima di tornare in quelle 'case'".  Le trattative con le forze dell'ordine, sul posto anche i carabinieri, sono andate avanti per qualche minuto, poi il drappello si è diretto verso il Duomo. Per poi arrivare fino a Palazzo Strozzi. Qui da settembre si sta svolgendo la mostra del cinese Ai Weiwei (quella con i 22 gommoni di salvataggio arancioni ancorati lungo le facciate). Un progetto, quello dell'artista dissidente, che porta l’attenzione sui destini dei profughi che rischiano la vita per arrivare in Europa attraversando il Mediterraneo. Il corteo di sopravvissuti è risciuto ad entrare nel cortile e salire le scale del palazzo.

"L’arte è veicolo di sensibilizzazione e confronto e la mostra di Ai Weiwei a Palazzo Strozzi oggi è diventata luogo per dare voce al dramma dei migranti - dichiara Arturo Galansino, direttore della Fondazione Palazzo Strozzi - I manifestanti hanno visto nella figura dell’artista e nelle opere in mostra un grido per la loro protesta, riconoscendone il grande valore simbolico. Palazzo Strozzi conferma di essere un luogo di dialogo e accoglienza per tutti. Allo stesso tempo dobbiamo garantire l'accesso ai nostri visitatori. Abbiamo allertato le autorità competenti e auspichiamo che la situazione venga risolta nel modo migliore possibile".

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