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Cronaca

Immigrazione, come ne parla la stampa? La ricerca: “Noi buoni, loro cattivi”

Presentata una ricerca su come la stampa affronta il tema dell'immigrazione. "I migranti sono il più delle volte rappresentati come gruppo piuttosto che come singole persone"

Come i mass media parlano degli immigrati? La ricerca pilota presentata oggi nell’auditorium di Sant’Apollonia, condotta da Robert Schumann del Centre for Advanced Studies dell’Istituto Universitario Europeo di Firenze nell’ambito del progetto Mediva (Media per la diversità e l’integrazione dei migranti), ha provato a dare una risposta. Lo spazio delle notizie, lo studio ha preso in esame gli articoli dei quotidiani La Nazione, La Repubblica, Il Sole 24Ore, Corriere della Sera e i tg di Rai3, sarebbe inferiore al 2%. Si consideri che il numero di immigrati in Toscana superano il 10%, con punte come a Campi Bisenzio del 15 percento.  RICERCA E PARAMETRI

E la sostanza dello studio, intitolato “Valutazione del ruolo dei media nella riflessione della diversità e promozione dell’integrazione dei migranti“, sembra confermare facili sensazioni da lettori di giornali e spettatori di Tg: i media tendono ad alimentare l’opposizione tra un “noi buoni” e un “loro cattivi”.

I migranti sono il più delle volte rappresentati come gruppo piuttosto che come singole persone, gruppi cui si attribuiscono caratteristiche minacciose o si associano problemi, in particolare crimini e conflitti. Mancano invece spazi di approfondimento sulle realtà di provenienza, per capire meglio i problemi. E mancano criteri di selezione nelle redazioni di giornalisti legati alle nazionalità immigrate; così da accrescere l’incapacità di rappresentare la crescente multiculturalità della società italiana.

“C’è veramente ancora molto da fare, vedendo questi risultati di cui ringrazio i ricercatori europei” – ha commentato l’assessore regionale alla cultura Cristina Scaletti, portando un saluto ai lavori del convegno. “Le notizie sull’immigrazione nel nostro Paese sono ancora scarse. E non sembrano lavorare per colmare la distanza con queste persone giunte qui da mille esperienze diverse: guerre, povertà, persecuzioni. Invece è fondamentale costruire un’informazione dettagliata su questi fenomeni, perché abbiamo il dovere di colmare le distanze su diritti insopprimibili; e contribuire alla costruzione di un processo di integrazione necessario e inarrestabile, da noi come in tutto il mondo”.

 

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