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Cronaca

Accadde oggi: nasce Giovanni Della Casa, il toscano che inventò il galateo

Nato nel Mugello il 28 giugno 1503 e originario di Firenze, fu l'autore del famoso Galateo, il trattato sulle buone maniere tramandato per secoli e giunto fino ai giorni nostri

Nel corso del 1500 vi fu una vera e propria fioritura della trattatistica. Dal Cortegiano di Castiglione al Principe di Machiavelli, gli autori del tempo sentirono l’esigenza di fondare un nuovo costume e stile di vita, tracciando nei loro scritti dei modelli ideali che riguardassero ogni ambito, dai comportamenti sociali alla politica.

Tra questi vi fu anche il monsignor Giovanni Della Casa, nato nel Mugello il 28 giugno 1503 e originario di Firenze. Attraverso la sua opera “Galateo, overo de’ costumi”, Della Casa mise per iscritto una serie di precetti di vita comune, elencando le regole della cosiddetta buona educazione.

La stessa parola “galateo” deriva proprio dal nome di Galeazzo Florimonte, vescovo di Sessa, a cui Della Casa dedicò la sua opera. Infatti il nome di battesimo del vescovo, Galeazzo, in lingua latina suona come “Galatheus”.

Scritto tra il 1550 e il 1553, pubblicato postumo nel 1558, il Galateo racconta l’educazione di un giovinetto da parte di un anziano letterato, che insegna al giovane allievo i buoni costumi, da come comportarsi nella società, stare a tavola composti o ancora su come intrattenere una conversazione educata.

A differenza di altri, però, lo scritto di della Casa non è rivolto alla sola nobiltà, bensì a tutti i gentiluomini, dunque ad uno strato più ampio e variegato della popolazione. Nel trattato vengono indicati i buoni costumi, il linguaggio più corretto da tenere durante una conversazione e le principali norme di comportamento in uso all'epoca.

Come riconosce lo studioso Luperini, sebbene Della Casa sembri più interessato alla forma che alla sostanza, fondando tutti i suoi precetti soltanto sulle apparenze, al contempo però il suo Galateo ha avuto comunque l’effetto positivo di uniformare i costumi civili.

In generale, come riportato nel secondo capitolo dell’opera, secondo Della Casa il vero gentiluomo è colui che riesce a conformarsi agli altri, uniformandosi al loro “piacer”, senza però trasformarsi in un buffone che vuole ad ogni costo divertire i suoi interlocutori.

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