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Venerdì, 19 Aprile 2024
Cronaca

La "setta" Forteto: politici e giudici "amici" anche dopo le sentenze

Nelle motivazioni del verdetto i magistrati la definiscono un'esperienza "criminale". Nasce la nuova commissione d'inchiesta: chi ha favorito le atrocità?

Il Forteto fu un'esperienza "criminale", "caratterizzata da regole assurde e crudeli". Il sistema pubblico "ha mantenuto costantemente aperta una linea di credito illimitata" verso la struttura "nonostante gli arresti, prima nel 1978 e poi nel 2012, dei vertici della cooperativa". Questo grazie anche alla linfa ricevuta da "amministratori pubblici e da esponenti politici che hanno garantito sovvenzioni e sostegno istituzionale".

Le dure motivazioni della sentenza Forteto, pubblicate ieri dal giudice relatore Matteo Zanobini, non ci dicono nulla di nuovo sui gravissimi fatti accaduti all'interno (e anche all'esterno) della cooperativa-comunità del Mugello. Sono un documento importantissimo, intendiamoci. Ma esse stesse fanno riferimento a fatti accaduti ben 37 anni fa, quando fu arrestato per la prima volta Rodolfo Fiesoli, poi condannato in via definitiva nel 1985 per reati simili a quelli accertati nel primo grado del 17 giugno scorso. E poi ancora 15 anni fa, quando la Corte europea dei diritti dell'uomo condannò l'Italia per le violazioni commesse nell'affidamento di due minori.

Tutti questi fatti, messi nero su bianco, insieme alle tante denunce delle vittime e dei genitori naturali arrivate già alla fine degli anni '70, sarebbero già stati sufficienti per mettere in guardia le istituzioni su ciò che stava accadendo. Sarebbero bastati abbondantemente per capire che quel sistema di affidamenti andava fermato. E invece si è deciso di ignorarli.

L'auspicio è che le motivazioni spronino le istituzioni a far luce davvero sul sistema di intrecci che ha consentito al Forteto di sguazzare nella sua illegalità, nelle sue atrocità. Sarebbe una cosa importantissima per chi ha subito le angherie della comunità, ma anche perché fatti del genere non accadano mai più, da nessuna parte. Proprio ieri in Consiglio regionale si è insediata la nuova commissione d'inchiesta, che sarà presieduta da Paolo Bambagioni. E' la persona che si è battuta di più nel Partito democratico per far sì che i fatti emergessero. Certo non può sfuggire, come hanno sottolineato tutte le opposizioni, l'anomalia di una commissione d'inchiesta guidata da un esponente della maggioranza, appartenente al partito che ha governato la Regione da sempre. 

Se non si è voluti partire dai fatti di 37 e 15 anni fa, come sottolineano i magistrati, almeno lo si faccia adesso. I giudici del tribunale di Firenze sfatano una volta di più, e definitivamente, la bufala totale della separazione che ci sarebbe stata (o ci sarebbe) fra comunità e cooperativa. Il Forteto è unico e indivisibile e negli anni, ancora come sottolineano i giudici, è diventata una vera e propria "setta". Ancora oggi al Forteto vivono e lavorano insieme vittime e carnefici, le persone che hanno denunciato e che sono state condannate. E 4 membri su 5 dell'attuale Cda hanno testimoniato al recente processo a favore di Rodolfo Fiesoli. Basta ripartire da qui: per prima cosa eliminare ogni equivoco sulla realtà Forteto di oggi e salvaguardare chi ancora vive o lavora dentro. E fare luce sulle responsabiità di giudici, politici, assistenti sociali, o tutti quelli che hanno favorito il sistema Forteto, è molto più di un obbligo morale.

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