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Cronaca Centro Storico

Reportage, l'associazione: “Firenze non è una città per disabili"

Reportage: un giorno trascorso con la presidentessa dell'Associazione Toscana Paraplegici Onlus. Quello che gli altri non vivono: buche, barriere e accessi negati

Al museo del Bigallo, a due passi dal Duomo di Firenze, hanno appena montato un campanello per gli invalidi. Staffa nera, contrassegno con seggiola a rotelle, giusto all’altezza di chi è costretto a trascorrere la vita seduto. Manuela Cappellini, presidentessa dell’Associazione Toscana Paraplegici Onlus, ha appena premuto il pulsante blu. Non c’è pedana, ne un elevatore, Manuela aspetta fuori che qualcuna la faccia entrare. Dietro di sé, tiene i manici della sua carrozzina Samira, per tutti Sami, la fedele accompagnatrice di Manuela. Vent’anni insieme, una vita. Dal portone di ingresso esce una signora, guarda la scena, la carrozzina e poi le dice: “Mi spiace signora, questo non è un luogo abilitato ai disabili”. “Come?” Le risponde decisa la professoressa. “Sì, guardi, purtroppo non c’è la possibilità fisica all’accesso”. Tre scalini ritti e ravvicinati, porta stretta e nessuna pedana movibile o di fortuna. “Purtroppo  – le spiega la signora un po’ imbarazzata – i vincoli architettonici non permettono modifiche strutturali”. “Questa è proprio bella; ma come, è stato inaugurato ai primi di agosto e nessuno ha pensato ad un passaggio per chi è in carrozzina a rotelle? Di chi è la responsabilità?” esclama infastidita Manuela. Perplessità, mani che si intrecciano; “Del Comune” dice alla fine. Esce un collega della signora e le dice: “Mi spiace, ha tutte le ragioni, lei non ci crederà ma anche noi subiamo questa situazione, oltretutto abbiamo ricevuto altre lamentele”. Il collega non si arrende, trova un varco alternativo, da un portone adiacente l’ingresso del museo. C’è da fare “solo” uno scalino, ma le braccia di Sami ormai sono forti ed abituate. Qualche metro in un corridoio, una porta a vetri e poi finalmente dentro. Manuela a questo punto finalmente può gustarsi “La Madonna della Misericordia”, opera del 1342 della cerchia di Bernardo Daddi. Vite complicate, faticose, piene di insidie. Chi consuma parte della propria vita sulle quattro ruote di una carrozzina a qualcosa, a molto, è costretto a rinunciare. E’ inutile negarlo. Essere privati anche del bello, con tutto ciò che ne comporta, scaturisce un profondo senso di ingiustizia.

Museo del Bigallo: accesso per i disabili?

Manuela non si è rassegnata, da anni vive a stretto contatto con i problemi che affliggono chi ha condiviso il suo stesso destino. Ogni giorno combatte contro l’incuranza, la superficialità e gli ostacoli fisici di una città come Firenze. Barriere architettoniche per tutti invisibili, superabili, quasi stupide. Per loro un inferno quotidiano. “Firenze – confessa la professoressa Cappellini – non è una città per disabili, con Renzi e con questa amministrazione, che non si cura di noi, più che mai”. Il viaggio in centro prosegue nel lastronato di piazza della Repubblica. Le buche sono all’ordine del giorno, qualcuna più tenue, un paio molto più decise. La carrozzina procede in avanti in un moto incostante, un continuo zig-zag tra zone franche, abbastanza lisce, e dove la pietra è più incisa. “Se uno è distratto ed entra lì dentro –dice Manuela indicando una buca – con la carrozzina non ne esce fuori. A meno che non abbia un’accompagnatrice come me. Non tutti però sono fortunati come me, non tutti se lo possono permettere”. “Siamo appena tornati da Barcellona – racconta Sami – nelle piazze come questa ci sono dei corridoi di pietra levigata, come marmo. Delle vere e proprie strade per disabili, dove non c’è pericolo di arenarsi”.  Un po’ una corsia preferenziale lontana dai rischi, capace di attenuare lo sforzo. “Barcellona – continua Manuela – è un modello, rinnovata e completamente accessibile al mondo dei disabili, una sensibilità tangibile”.
Da piazza della Repubblica a piazza Strozzi. In questo caso, le pietre della piazza per una persona in seggiola a rotelle prendono le fattezze del monte Everest. Qualche metro a lato del Colle Bereto, le pietre formano una vera e propria conca che qualche metro più avanti si trasforma in una cunetta. Pietre che saltano, buche; una piccola, grande, voragine che si estende lungo una lingua della piazza. Per una sedia a rotelle vere e proprie sabbie mobili. “Qui – confessa la cappellini – è un vero disastro, uno dei punti più carenti dell’intera pavimentazione del centro storico”. Di nuovo verso piazza del Duomo, passando da marciapiedi e scivoli. Già, gli scivoli, a volte dolci, a volte meno, che in teoria accompagnano il moto delle ruote, senza costringere un disabile ad affrontare uno scalino da un marciapiede all’altro. Non sempre tuttavia semplificano la vita. Anzi, spesso la complicano. “Quando li hanno fatti erano perfetti. Poi qualche lavoro nella rete stradale, in quella idrica, per dirne alcuni, hanno rovinato il cemento, il primo collante tra la strada ed il marciapiede, così da formare uno scalino, a volte insuperabile”. La vita in seggiola a rotelle è fatta anche di attese: qualcuno che si fermi per darti una mano, avere i denari necessari per vivere e permetterti un aiuto, aspettare le riparazioni della politica. “Da quando usciamo di casa – racconta decisa Sami – cominciamo a combattere con tutto e con tutti”. Spesso combattono con le biciclette, parcheggiate male, fuori dalle rastrelliere, nel primo palo sotto tiro. Peccato che spesso, un po’ i marciapiedi stretti, un po’ le ruote che si piegano verso l’interno, un po’ i pedali, diventano anch’esse corredo delle barriere architettoniche strutturali. In via de’ Sassetti per esempio, vicino al cinema Odeon, il marciapiede e lo scivolo sono completamente ostruiti dalle biciclette. Certo, Firenze è una città complicata, antica, con una pianta urbana che spesso fa fatica a collimare con certe esigenze. La struttura in sé poi esige particolari attenzioni. Si parla sempre di una perla unica, rara, bellissima. D’altronde certe attenzioni se le potrebbe tranquillamente concedere. Pochissimi sono per esempio i negozi, anche nomi altisonanti della moda, forniti di scivolo sulla soglia di ingresso. “A volte – dice Manuela sorridendo amaramente – anche fare spese è un problema, perché molti dei negozi in centro non hanno né lo scivolo né la pedana”.  

Disabilità: reportage sul centro di Firenze

Piazza Duomo, la parte che presto vedrà il rifacimento del manto lastronato. Prezzo 700mila euro. Intanto le buche imperversano. Poco prima di imboccare via dell’Oriuolo due problemi. Un primo problema, via dello Studio. In salita, pietroni sconnessi, assomiglia alle rapide di un fiume. “Qui entrarci è impossibile” afferma Sami, che comincia ad avere male ai polsi. L’altro sono i parcheggi. “Quando la piazza fu pedonalizzata – racconta Manuela – Renzi ci assicurò tre posti invalidi per parcheggiare nell’area dedicata ai taxi. Taxi, invalidi e sosta breve. Da un giorno all’altro, prima dell’estate, sia i nostri posti sia quelli della sosta breve sono spariti. Sono rimasti solo i taxi. A noi le vie limitrofe. Il problema è che l’amministrazione non sa che tutti i luoghi per noi sono uguali. In delle zone del centro, dove non c’è spazio e lo scalino del marciapiede è di intralcio, noi in seggiola a rotelle non possiamo parcheggiare. Manuela e Sami aggirano l’area dedicata ai taxi ed imboccano lo scivolo di via dell’Oriuolo, adiacente all’edificio della Regione. Subito si presentano due ostacoli che hanno dell’incredibile. In cima allo scivolo è stato posto un bidone della spazzatura, cilindrico, scuro, uno dei tanti del centro. Posizionarlo un metro più indietro era decisamente meglio. Svolta obbligatoriamente stretta e via verso le Oblate. L’entusiasmo si placa subito, appena due metri più in là del bidone. C’è un edicola lungo strada. Davanti al gabbiotto, come tutte le edicole che si rispettino, una serie di contenitori con giornali vari e scorte cartacee. Il problema è che, in questo caso tra le lamiere della struttura e il magazzino volante, vengono mangiati centimetri preziosi al marciapiede. Tanto che la carrozzina non ci passa.

L’ultima tappa del viaggio con Manuela Cappellini è dedicata all’isola pedonale di piazza Pitti. “Siamo costretti a fare – confessa la professoressa della Onlus che conta circa 350 iscritti – un giro assurdo per accedervi, tra angoli e spigoli accesissimi. Spesso manovrare con macchine ampie è impossibile. Alcuni miei amici che posseggono il furgone su cui entrano direttamente con la carrozzina, non possono più accedervi perché il passaggio è troppo stretto per manovrare”. Manuela poi indica una cosa davvero curiosa: in una piccola strettoia, via dei Velluti, che sbocca direttamente in piazza Pitti, il Comune ha posto degli ostacoli per bloccare il transito ai motorini. Solo che il blocco impedisce anche il regolare passaggio delle carrozzine che non hanno spazio per oltrepassare la barriera. In tutto questo, la politica cittadina? “Abbiamo avuto l’ultimo incontro  - spiega Manuela – il 4 di novembre. Quel giorno abbiamo chiesto all’assessore Mattei di consentire l’apertura di piazza Santa Felicita per farci accedere in piazza Pitti, invece di farci passare da via Toscanella. Ci hanno rimandato, come al solito, prendendo tempo”. Aspettare. Albert Camus diceva: "Se il provvisorio dura quanto la vita di un uomo, per quell'uomo è il definitivo".

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