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Cronaca

L'emergenza energetica? "Non si risolve in due mesi. Sui prezzi pesa la speculazione"

Intervista al professore fiorentino Filippo Randelli. "L'Italia paga l'immobilismo, dobbiamo scongiurare il blackout"

La crisi europea provocata dalla guerra della Russia contro l'Ucraina porta ripercussioni immediate anche sull'Italia. L'impatto più forte arriva ora sul fronte dell'energia: prezzi alle stelle, rischi per gli approvvigionamenti, ricerca di una via d'uscita sono alcuni dei temi sul tavolo. Ne abbiamo discusso con il Prof. Filippo Randelli, docente di geografia economico-politica all'Università di Firenze.

Professore, l'Italia è in grado, da un punto di vista energetico, di emanciparsi dalle risorse russe? Cosa dobbiamo fare?

"Il nostro sistema si basa su combustibili fossili, che è un problema ambientale, e sull'importazione dall'estero. Questa guerra ha messo in evidenza soprattutto il secondo problema. Possiamo importarlo dai paesi del nord, usare il gasdotto siciliano, con la materia prima che arriva dall'Algeria, o il Tap, che è in Puglia, dall'Azerbaijan. Questi ultimi due possono aumentare la loro portata. Un altro modo per portare gas in Italia è trasportarlo liquefatto a 160 gradi sotto zero con enormi navi frigo. Un sistema complicato e costoso, anche perché poi deve essere rigassificato con le infrastrutture che abbiamo. Oggi i rigassificatori sono a La Spezia,  in provincia di Rovigo lungo il delta del Po e in Toscana, al largo della costa". 

In Italia ci sono diversi giacimenti di gas dismessi da anni. Perché non possiamo puntare sulla loro riapertura? Quanto contribuirebbero al nostro fabbisogno? 

"L'Italia è dotata di alcuni giacimenti di gas naturale che se lavorassero a pieno ritmo, come avveniva fino a qualche anno fa, potrebbero produrre circa il 20% del nostro fabbisogno. L'estrazione è stata quasi interrotta, passando da circa 20 a 3 milioni di metri cubi annui in seguito al terremoto in Emilia Romagna, che alcuni hanno correlato con l'estrazione sotterranea di gas. Allo stop ha contribuito anche un orientamento politico nuovo dettato dal Movimento 5 stelle con lo slogan 'Stop trivelle'. In definitiva potrebbero essere riattivati, se il governo lo riterrà necessario, ma non sono sufficienti a sostituire il gas russo".

Di quanto tempo abbiamo bisogno per riconvertire?

"Non è un problema che si risolve in due mesi, non è possibile fare cambiamenti in modo così repentino. L'Italia ha delle scorte: ci dicono che i depositi sono pieni ma sono informazioni sensibili dal punto di vista strategico e non vengono diffuse: difficile dire quanta autonomia abbiamo. Il solo fatto che si parli già di riduzione delle temperature negli edifici è un segnale che avremo problemi. E poi il gas serve per il riscaldamento ma anche per gli approvvigionamenti elettrici. Per quello abbiamo le centrali a carbone, dismesse ma mai smontate. Possono essere riattivate ma non si sa in quanto tempo sarà possibile farlo. Non abbiamo grandi margini di manovra nel breve periodo: probabilmente per l'inverno prossimo qualcosa possiamo fare". 

Nel frattempo il prezzo del gas e dell'energia continuerà ad aumentare?

"Sono i meccanismi di mercato enfatizzati dalla speculazione: purtroppo su beni come gas, petrolio, ma anche grano, e riso è consentito speculare in borsa. Chiunque può farlo, da un privato cittadino alle grandi banche. E questo provoca danni, perché il prezzo si alza. Su queste materie la speculazione non dovrebbe essere permessa, consentendo l'accesso solo agli operatori". 

E quello della benzina?

"La Russia è il nostro principale fornitore di petrolio. L'aumento dei prezzi continuerà se il blocco alle importazioni dalla Russia verrà attuato. Ogni paese ha interessi diversi: gli Stati Uniti si sono emancipati. Ma sull'Europa questo innalzamento dei prezzi ha un peso enorme: siamo il continente più povero di questi combustibili. Molto dipende dalla possibilità di aumento delle forniture dal  Medio oriente. Ma siamo assoggettati a paesi instabili: nel lungo periodo dobbiamo sperare che questa emergenza ci faccia aprire gli occhi per aprire alle rinnovabili: e l'unico modo per emanciparci da tiranni che mettono a rischio le nostre forniture".

A proposito di rinnovabili: concretamente quanto sono in grado di soddisfare il nostro fabbisogno?

"Il ritardo nello sviluppo di queste fonti di energie rinnovabili è grave. Anche con i fondi del Pnrr non c'è stata questa svolta. Da tanto tempo si parla di una politica europea comune su questo ma poi ogni paese ha la sua grande azienda energetica che porta avanti i suoi interessi. Serve un cambiamento".

Cosa possiamo fare? Ci faccia qualche esempio.

"A Firenze si stanno costruendo 12 nuove pescaie con una turbina elettrica, che riusciranno a produrre il 2% dell'energia consumata in Toscana. Il parco eolico di San Godenzo produce un altro 2%. Bisogna investire su pale eoliche e solare: sono tutti mattoncini utili ad emanciparci. Basta guardare la bolletta per capire quante rinnovabili produciamo: in Italia abbiamo superato il 40% di rinnovabili, il 40% è gas, il resto residui, fra cui anche il nucleare che importiamo dalla Francia. La guerra in Ucraina finirà, questa emergenza passerà, ma rimarrà quella ambientale. E se si riaprono le centrali a carbone la situazione peggiorerà".

Chi ci rimette di più da questa situazione?

"Tutte le industrie che producono con gli alti forni: l'aumento esponenziale dei costi potrebbe essere presto letale, non conviene più produrre. Ci sono degli scenari molto brutti, che mi auguro non accadano, che prevedono il razionamento. Questo tipo di imprese potrebbero anche essere chiuse in questo contesto. Purtroppo scontiamo l'immobilismo: non ci siamo mossi per risolvere quei due problemi di dipendenza, sia geopolitica che dai combustibili fossili. Mi auguro che non si arrivi ad una situazione di blackout che metterebbe a rischio la nostra stessa economia. Non abbiamo risolto prima il problema della dipendenza e adesso tutto questo lo paghiamo".

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