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Vallina, cosa cambia col doppio ponte: "60 famiglie a rischio espropri" | FOTO

Il 9 marzo scadono i termini, cittadini contrari al progetto sull'Arno: "Scempio naturalistico"

“Nel 2003 si poteva sperare che il traffico potesse aumentare, ma adesso qui non c'è più niente, c'era un ultimo macellaio ma è stato costretto a chiudere anche lui. Non serve un ponte da 55 milioni di euro, preferiremmo che coprissero le buche della strada”. Chi parla è Lorenzo Frizzoni, vicepresidente del comitato "Il Mulinaccio". Il protagonista di questa storia è invece il doppio ponte che, in un futuro prossimo, attraverserà l'Arno andando a collegare la sponda di Bagno a Ripoli/Vallina, con quella di Quintole/Fiesole.

Un progetto nato nel 2003 che – fanno sapere ancora dal comitato - strutturalemente avrebbe dovuto aiutare lo svuluppo industriale della vallata Ponstassieve/Vallina e delle zone limitrofe. Ma, complice la crisi economica, da allora la situazione è cambiata parecchio, per quanto fin dalla sua proposta, il progetto abbia trovato più di un parere avverso fra la popolazione locale. “L'area è vincolata da limiti paesaggistici – aggiunge ancora Frizzoni – quindi il progetto è stato parzialmente osteggiato dai cittadini e, al contempo, sostenuto invece dalle amministrazioni, per una gestione più veloce del grande traffico in entrata ed in uscita verso quella che è la porta di ingresso sud della città di Firenze”. 

Ed infatti Monica Marini, sindaco di Pontassieve, così scriveva lo scorso 3 febbraio, giorno di consegna del progetto definitivo e dello studio di Impatto Ambientale che, di fatto, mettono in moto i lavori. “Il doppio ponte di Vallina rappresenta una opportunità per migliorare la vita dei nostri cittadini che vivono lungo la SS67, e allo stesso tempo una possibilità per migliorare il sistema infrastrutturale del nostro territorio. Le colline ad est di Firenze sono, infatti, un luogo dove è stata posta particolare attenzione alla tutela del territorio rendendo possibile, nel tempo, la crescita e lo sviluppo del settore turistico-ricettivo di qualità collegato a produzioni artigianali ed agricole di eccellenza e alla creazione di servizi qualificati a servizio della città. Lo sviluppo di un territorio passa anche dal sistema infrastrutturale di cui è dotato.”

Attenzione qui, perchè le date sono importanti. A seguito della presentazione del progetto, i residenti contrari hanno 30 giorni di tempo per presentare le proprie osservazioni. Ma su queste tempistiche, afferma il comitato, c'è stata poca comunicazione. “Abbiamo trovato tracce della notizia su una mezza pagina in basso de La Nazione. Tante persone non comprano il giornale, figuriamoci il sabato. Mi sono armato di telefono ed ho cercato, personalmente, di avvertire tutti”. Da un punto di vista legale è tutto corretto: per legge, infatti, non c'è bisogno di avvertire i proprietari dei terreni interessati se gli espropri sono più di 50”.

E le famiglie interessate, in questo caso, sono circa 60/65, ma la delusione rimane. Il progetto viene contestato nel metodo, quindi, ma anche nel merito. “Siamo contrari al progetto in questo modo, la necessità di un ponte si sente effettivamente, quindi ne avremmo bisogno, altrimenti serve fare un giro di 10 chilometri per andare da una parte all'altra. Ma l'impatto è mostruoso dal punto di vista paesaggistico. Scempio naturalistico, il ponte ce lo mettono anche in giardino.”

E questa è l'ultima questione, quella degli esprori terrieri per la realizzazione del progetto, i cui termini scadono il prossimo 9 di marzo. “Il mio giardino di casa, 250 metri quadri, perchè considerato terreno agricolo, quindi non produttivo, per loro non vale niente. 947 euro”. Il progetto, tecnicamente parlando, non comprende due ponti, ma un unico viadotto di 1,2 chilometri che attraverserà il fiume in due punti, prima e dopo l'ansa di terra. Anche se una controproposta formale non è mai stata formulata dagli abitanti dell'area. “Controproposte di natura tecnica non ne abbiamo, possiamo lanciare alternative in materia informale: vorremmo un ponte tradizionale, da sponda a sponda. Un unico – conclude Frizzoni – ponte, ma non un viadotto. Ridurrebbe drasticamente la questione degli espropri e avrebbe meno impatto sulla zona”. 

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