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Cronaca

Tav: prima dell'accordo di Firenze cosa sta accadendo a Bologna

Prima dell'accordo tra Ministero ed enti locali per sciogliere il nodo di Firenze, un reportage lungo il cantiere "cassone" di Bologna, tra disagi, crepe e tribunali

“Tutto questo in un tratto di strada che non arriva ad un chilometro”. Con queste parole Dino Schiavoni, presidente del Comitato via Carracci di Bologna, la via che lambisce il “cassone” in costruzione a Bologna che ospiterà la nuova stazione ed i binari sotterranei dell’Alta Velocità, illustra la situazione che si è andata creando negli ultimi sei anni. A Firenze il 3 agosto potrebbe essere siglato l’accordo tra Ministero delle infrastrutture, la Regione, la Provincia ed il Comune, che potrebbe, dopo anni di attese, mettere la parola fine a questa vicenda e dare il via libera definitivo si lavori. Dall’ormai famoso tunnel che attraverserebbe Firenze da nord a sud alla realizzazione della stazione Foster compresi tutti quei lavori di adeguamento sia in superfice che nel sottosuolo: nuova circolazione, sottopassi, passerelle fluviali, attivazione o messa a nuovo di mini stazioni ed il people mover (la mini metro che collegherebbe direttamente Santa Maria Novella con la stazione Foster).

A pochi giorni da questa storica firma, siamo andati a vedere quello che è successo durante i lavori eseguiti per il transito dei treni velocissimi nel capoluogo emiliano (iniziati a marzo 2005), ed il suo punto nevralgico, via Carracci, zona Bolognina, non troppo distante dall’ombra della Torre degli Asinelli. Una via che costeggia i binari, alle spalle della stazione centrale. E lì che i lavori per la realizzazione dell’opera hanno procurato i maggiori danni. Fuori sembra tutto normale, se non ci fosse un'imponente barriera anti-rumore che si frappone tra il cantiere e la strada e se non si scorgessero due imponenti montacarichi blu che si stagliano nell’orizzonte. L’intonaco delle facciate dei palazzi è intonso, se non per qualche crepa del tempo. Il problema sta dentro, dentro le trombe degli stabili. Al civico tre per esempio, una volta oltrepassato il portone. Tutte le scale ed i solai dei piani sono sorretti e piantonati da un'architettura di grossi pali e le crepe in alcuni casi sono dei veri e propri spacchi strutturali. Così come al civico due di via Matteotti, all’angolo di via Carracci; stessi pali, stessi piantonamenti. I residenti degli appartamenti, 500 famiglie ed una trentina di attività commerciali, tutti in causa con Ferrovie e la ditta che sta eseguendo i lavori. C’è a chi è andata peggio, come alle famiglie del civico 6. Sei famiglie sono state evacuate così come le cinque attività commerciali che operavano in quello stabile ed una scuola privata che contava circa 200 studenti. Da un giorno all’altro, così, sono entrati i tecnici ed hanno sgomberato l’edificio.

Silvia ha comprato un bar nella via, ha acquistato la licenza contemporaneamente all’inizio dei lavori e le cose non gli stando andando bene: “qualcuno ha chiuso l’attività, io rimango tra mille difficoltà, con un mercato che va pian piano scomparendo. Ed è logico, ma hai visto che roba, chi vuoi che venga in questa zona, tra rumori e polveri”. C’è un signore con due buste di spesa che la mette sul caldo e sulla polvere: “guardi la facciata, guardi quanti sono i motori dei condizionatori. Per forza, per via delle polveri non possiamo aprire le finestre, così abbiamo montato i condizionatori. Poi il rumore continuo, quasi 24 ore al giorno, e le luci dei cantieri di notte sono fortissime”. Anche lui ha querelato, anche lui ha le crepe, anche se non troppo importanti. Ecco le crepe, grandi e piccole. Da quanto capito sarebbero le figlie delle vibrazioni e di 1036 tiranti. Sì, dei tiranti, sparati nel sottosuolo, 518 per lato per arpionare l’enorme cassone della tav. “Nel 2007 hanno sparato i tiranti nel sottosuolo – racconta Schiavoni – per circa 30 metri di lunghezza. Poi i cavi di acciaio, con un arpione nella cima, sono stati spruzzati di cemento. Ma hanno fatto male i calcoli, così qualche colpo è andato dritto nella fogna frantumandola e riempendola di cemento per oltre 150 metri”. Come racconta il coordinatore del comitato saltarono le fogne, si allagarono le cantine, ci fu anche un allarme topi, l’interminabile lavoro degli autospurghi, fino al momento in cui gli operai del cantiere a suon di martello pneumatico non liberarono le fogne dal tappo del cemento.

Le foto di via Carracci

Non tutti la pensano come Dino e non tutti si sono appoggiati al coordinamento; c’è chi dice che tutte queste polemiche sono strumentali, c’è chi le definisce “gentaglia”, qualcuno, più lontano dal cantiere parla di disagi minimi e c’è chi si è premunito prima, facendosi stimare l’appartamento o lo stabile prima dell’inizio dei lavori, con perizie accurate. Ma questo è il caso di pochi, pochissimi. Il grosso si è affidato all’iniziativa collettiva. Le cause sono più di una, alcune ancora in corso. Una si è chiusa nel 2007 e riguardava i disagi che i cantieri hanno provocato ai frontisti per il rumore e le polveri: “il tribunale – continua Schiavoni – ha riconosciuto a 450 famiglie un indennizzo di 225 euro al metro quadro abitativo”. Poi ce ne sono due in corso, una riguarda i ritardi dei lavori l’altra la questione delle polveri sottili PM10. “Questi signori – spiega ancora il presidente – ci avevano garantito in un primo momento che i lavori sarebbero terminati a settembre 2008, siamo 2011 e dopo un altro anno di proroga, se tutto va bene arriveremo a 2012; quattro anni di ritardo con una sofferenza che è ben visibile, per questo abbiamo fatto causa”. C’è poi la questioni delle polveri: “sono stati accertati 411 sforamenti della soglia minima in tre anni, dal giugno 2006 a giugno 2009, per questo io ed altre 800 persone abbiamo fatto una richiesta di 50 mila euro a testa, 100 euro per ogni sforamento più 10 mila euro di indennizzo”. Per ora il giudice del tribunale civile di Bologna gli ha dato ragione ma Rfi e Astaldi hanno presentato un'eccezione di competenza, sostenendo si tratti di materia riservata al Tar; “noi tiriamo dritti” sostiene deciso Schiavoni, a dicembre partiamo con la richiesta di indennizzo”.

Una storia lunga ben sei anni, tra disagi, battagli ed aule di tribunale. Ma c’è di più, secondo le parole di Schiavone, pare che l’opera abbia minato gli spiriti del rione: “qui d’inverno, quando alle cinque e trenta è buio sembra ci sia il coprifuoco, non c’è più nessuno per le strade. Ed è normale, ci hanno occluso il passaggio con la stazione, le attività commerciali sono quasi tutte sparite; ne sono rimaste una o due contro le 15-16 che c’erano prima dell’inizio dei lavori”. I residenti uniti nella battaglia rimarcano “la scarsa informazione e l’assoluta mancanza di trasparenza e monitoraggio ambientale”. Già il monitoraggio ambientale; l’Osservatorio ambientale da due anni non c’è più, “il Ministro Prestigiacomo ci ha fatto sapere che mancano i soldi per riattivarlo, si parla di 600 mila euro; pare che la salute degli abitanti della Bolognina valga 600 mila euro”.  

Un pensiero Schiavoni lo rivolge anche a Firenze: “dovete fare in modo che quel che è accaduto a qui non si ripeta a Firenze. Massima attenzione al tipo di lavoro, non farsi condizionare dalle scuse sui ritardi e se ci dovessero essere mi auguro che i responsabili vengano puniti severamente, perché questa gente non considera chi soffre e chi lavora. Mi auguro che l’esperienza di Bologna faccia sì che determinate cose non le si debba combattere a suon di tribunali, ma che i cittadini abbiano il minimo garantito, che non siano lasciati soli. Perciò testimoniali di stato prima, durante e dopo i lavori. Pretendere garanzie assolute. E sarebbe bello che le istituzioni affiancassero i cittadini eventualmente con degli studi legali senza che vengano lasciati in mano a professionisti, a volte poco seri, che si permettono di andare a caccia di denaro sulle spalle di chi sta soffrendo”.
 

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