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Disabilità, parla l'attivista Iacopo Melio: "Per la parità c'è ancora tanta strada da fare"

Dalle difficoltà quotidiane ai tabù da abbattere, sono molte le cose su cui deve migliorare la nostra società

Quando si tratta di parlare di disabilità, una delle prime persone che possono venire in mente è Iacopo Melio. L'attivista fiorentino, oggi consigliere regionale toscano, ha letteralmente cambiato il modo di affrontare l'argomento. Nel 2014 ad esempio, divenne virale con un suo scritto ironico sulle barriere architettoniche – rilanciato con #vorreiprendereiltreno - tanto da portare alla costituzione di una onlus che ne porta il nome. “Con la quale tutt’oggi finanziamo tantissimi progetti non solo di divulgazione ma anche musicoterapia nelle scuole, pet-therapy negli ospedali, sportelli psicologici gratuiti per adolescenti, e molto altro ancora” come precisa lui stesso. Oggi, nella giornata internazionale delle persone con disabilità, per la parità “C'è ancora tanta strada da fare” come sottolinea prontamente Melio. 

Le difficoltà quotidiane

Melio ha iniziato a capire già dal liceo che la scrittura come strumento sociale era un mezzo potente. E che ci sono cose più difficili da superare delle barriere architettoniche. “Uno scalino si può togliere facilmente, basta un po’ di cemento e la buona volontà – osserva Melio – mentre l’ignoranza e la superficialità che caratterizzano le barriere culturali sono decisamente più difficili da abbattere. Penso a tutti i servizi mancanti come i progetti 'Dopo di noi' o 'Vita indipendente', che la Toscana sostiene con più fondi rispetto alle altre regioni. È da qui, dal concetto di indipendenza e autodeterminazione, che dovremmo partire”. Le barriere architettoniche comunque persistono. “Le troviamo all'ingresso degli esercizi commerciali – commenta – insieme ad auto parcheggiate ovunque: doppia fila, marciapiedi, nei posti per disabili senza averne autorizzazione.. E quanti ascensori e montascale troviamo perennemente guasti? L’inclusione è una questione collettiva, la disabilità è una responsabilità sociale e non della singola persona. Finché non capiremo che riguarda tutti non miglioreremo mai davvero la nostra società”.

I tabù da abbattere

Nonostante siamo nel 21° secolo, sulla disabilità permangono tanti tabù. “La nostra cultura ha già abbastanza tabù di suo – chiosa Melio –  ad esempio per quanto riguarda la sfera intima e sessuale sulla quale c’è da fare sempre tantissima educazione. Figuriamoci se questa viene associata a un ulteriore tabù come la disabilità”. Un problema di percezione. “È logico che percependo le persone disabili come 'persone a sé' – prosegue – non sia spontaneo inquadrarle in aspetti quotidiani come l’affettività, ma anche l'istruzione, il lavoro, viaggi e svago in generale, percependo tutto questo come montagne enormi da scalare quando, in realtà, basterebbe osservare il tutto dal punto di vista corretto, quello più spontaneo e 'naturale'. Una parola quest'ultima che detesto ma a  quanto pare serve ancora usarla per far passare meglio il concetto di uguaglianza”.

La necessità di un cambio di approccio

Andrebbe cambiato anche il come ci si rapporta con una persona con disabilità, da molti fatto in modo sbagliato. “Pietismo, compassione e infantilizzazione – spiega Melio – sono gli atteggiamenti più deleteri che ci possano essere verso la disabilità, alimentando stereotipi, pregiudizi e luoghi comuni al riguardo”. Chi ha una disabilità, non è un pianeta a parte. “Basterebbe imparare a vedere le persone con disabilità come 'persone' – prosegue l'attivista – con i loro pregi e i loro difetti come chiunque, andando oltre una carrozzina o un bastone per ciechi, senza fare 'sconti'. Solo cosi, 'normalizzando' la disabilità evidente e trattandola come una caratteristica ordinaria esattamente come tante altre, potremo raggiungere una piena parità”. 

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