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Chiusura Le Civette: protesta dei familiari dei malati di Alzheimer

Le Civette chiuderà nei primi mesi del 2012. Ieri, sotto Palazzo Vecchio la protesta dei pazienti, dei familiari e degli operatori: "Queste scelte mancano di qualità umana"

“Ma si fa così?”, si sfoga con le lacrime agli occhi la figlia di un anziano tuttora affidato alle cure della RSA Le “Civette”. “Un giorno chiamano a casa e mi dicono che mio padre deve essere trasferito in un’altra residenza; senza un motivo chiaro, senza un perché, come se fosse un pacco”. C’erano tutti ieri pomeriggio sotto Palazzo Vecchio: degenti, familiari, dipendenti, tutti a dire no alla chiusura della RSA “le Civette”. Una scelta che la Asl 10 ha ratificato il 22 settembre e che nelle intenzioni doveva essere immediatamente operativa. Chiusura della RSA e del centro diurno per l’assistenza ai malati di Alzheimer. Tanto che gli uffici amministrativi dell’Azienda ospedaliera avevano già iniziato a contattare singolarmente i parenti dei ricoverati per proporgli un ventaglio di alternative da scegliere prima della definitiva chiusura della struttura operante nel plesso di San Salvi. Una scelta fulminea, improvvisa, così come il trasferimento e lo smistamento dei degenti. Poi è arrivata, alla fine della scorsa settimana, una proroga di 4 mesi sottoscritta dai sindacati, dalla Asl 10 e dalla Cooperativa Quadrifoglio che ha scongiurato la chiusura fissata, nei piani iniziali, il 15 di ottobre. Un accordo che se portato fino in fondo dovrebbe permettere di salvaguardare il salario, gli arretrati in busta paga ed il posto (riconvertendolo) per i circa 73 operatori che lavorano nel centro. Dovrebbe, anche se tra gli operatori giunti sotto il Comune, c’era molta perplessità ed incertezza.

Quattro mesi in più, una piccola boccata di ossigeno ed un po’ di speranza per i ricoverati (67 anziani in tutto, di cui 7 accuditi nel centro diurno Alzheimer) ed i parenti che ancora non si vogliono arrendere alla chiusura. Il punto vero denunciato dai parenti degli assistiti è quello che trasferendoli in altri centri la Asl, arbitrariamente, andrebbe ad incidere in maniera significativa sulle vite dei loro cari. “Buchi di bilancio, problemi economici, tagli, per risanare, si parte sempre dagli ultimi, dai senza voce” sentenziano i protagonisti del sit-in. “I malati di Alzheimer sono persone abitudinarie, qualsiasi cambiamento, anche piccolo, anche se si tratta di una sciocchezza, non viene accettato, figuratevi il trasferimento” racconta una signora che tutte le mattine da due anni porta il marito 70enne al centro diurno Alzheimer. “C’è poi anche chi ci dice di tenerli a casa – continua la signora – senza rendersi conto di tutte le problematicità. Io per esempio ho preso anche una badante, ma non è facile lo stesso. Devo tenere il frigorifero chiuso perché mio marito va in continuazione a mangiare. Come si fa? Non si può far niente, in casa ho tutto chiuso, tutto sigillato. Anche gli armadi, perché si spoglia e si riveste di continuo. Non si può tenere in casa sempre. Lo riprendo alle 16:30 e poi mi ci dedico grazie anche all’aiuto della badante” .
“Mi c’è voluto un anno per ambientare mia moglie a Le Civette; ha 72 anni ed è malata di Alzheimer; ora mi dite voi se devo spostarla in che pasticcio mi ritrovo” racconta un signore lì accanto. “Ed io mia moglie ora dove la porto – continua – in quel casino di Montedomini. Per mia moglie vorrebbe dire sottrargli anni di vita”. Passare anni a fianco della persona che hai amato e che ancora ami mentre la malattia si prende tutto. Lo straordinario che pian piano diventa quotidiano, la sindrome che prende campo, l’impossibilità di un ritorno alla normalità, l’irrazionalità dei gesti così difficile da accettare. “Poi a volte in loro emerge l’aggressività, picchiano – continua il racconto – come si fa a gestire tutto da soli? Se non si tengano in un ambiente come Le Civette, che io considero l’élite fiorentina per l’Alzheimer, perché si vuol chiudere, dove si vuole andare. Io non posso mandare mio moglie a Montedomini dove ci sono persone pigiate l’una sopra l’altra, dove non c’è quell’assistenza specifica per l’Alzheimer. Perché vedete è una malattia specifica, e chi ne soffre ha bisogno di strutture idonee”.

“Per noi è la nostra casa – racconta Massimo Checcacci, il rappresentante dei ricoverati, a Le Civette non per anzianità ma per patologia – spostarsi da un'altra parte è un trauma vero. Parlo per me ma anche per quelli più anziani, che sono lì da dieci anni e che cominciano a soffrire di demenza senile, per quelli che hanno l’Alzheimer, tutte persone che hanno delle abitudini consolidate. Vogliono sconvolgere il nostro modo di essere”.  Anziani, alcuni affetti dalla sindrome di Alzheimer ma anche una parte dei vecchi pazienti dell’ospedale psichiatrico di San Salvi. “Per loro – continua Checcacci – quello che si prospetta è ancora peggiore. Qui conducono una vita tranquilla e serena. Hanno i loro orari per fumare, per andare in bagno; sono tutti piccoli punti di riferimento conquistati nel tempo e grazie alla grande professionalità delle operatrici sanitarie. Noi quindi non vogliamo assolutamente la chiusura delle Civette perché non c’è un motivo o per lo meno nessuno ha saputo e voluto dircelo”.
Sotto i pietroni di Palazzo Vecchio, mischiata tra gli operatori e gli striscioni, l’ex direttrice delle Civette, la dottoressa Paola Guerrini: “questa scelta mi colpisce negli affetti, una cosa del genere non me la sarei mai aspettata proprio perché è sintomo di una totale mancanza di rispetto e considerazione delle persone, degli anziani. Qui manca completamente la qualità umana. Oserei dire una politica forte con i deboli e debole con i forti”. Paola Guerrini conosce bene la struttura e la sua organizzazione, e quindi sfida l’amministrazione dell’Asl 10 a confrontarsi su due temi decisivi. Primo: “perché non ci spiegano il motivo che ha spinto l’Asl a comprare una palazzina (Villa Iris) pagandola 4 milioni di euro, senza accorgersi che fosse inagibile e non ci fosse lo spazio di manovra per le ambulanze. Perché questi soldi li devono pagare loro, le persone più deboli”. Secondo: “come mai nel 2009 Le Civette erano considerate dalla Asl una struttura di eccellenza che doveva servire da riferimento e modello per tutte le strutture dell’area cittadina, ed oggi si pensa bene di chiuderla? In questa struttura oltretutto sono stati investiti molti soldi, soprattutto da parte della Regione; si parla di un centro moderno, perché buttare tutto via?”.



 

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