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Cronaca

Il vin santo e i cantuccini

La ricetta per preparare ottimi cantuccini e un po' di storia del vinsanto

Cantucci e vinsanto sono come una coppia vip, che se mai dovesse separarsi farebbe parlare tutti i settimanali, sarebbe la notizia di apertura di tutti i giornali e ovviamente anche di FirenzeToday. L’uno senza l’atro non sono la stessa cosa. Una storia d’amore duratura e gustosa.

Lui, il vinsanto, ha origini sia toscane che umbre ed è fatto con il Trebbiano e il Malvasia.

Il nome ha diverse teorie di provenienza. Una fa riferimento ad un frate francescano di Prato che nel 1348 curava le vittime della peste con un vino usato dai confratelli per celebrare la messa; subito si diffuse la convinzione che tale vino avesse proprietà miracolose, da qui la la sua santità.

Un'altra viene da Firenze: durante il Concilio di Firenze del 1439, l’arcivescovo greco Giovanni Bessarione proclamò, mentre stava bevendo un vino - quello che verrà chiamato vin santo per l’appunto - disse: "Questo è il vino di Xantos!", forse riferendosi a un certo vino passito greco (un vino fatto con uva sultanina pressata) di Santorini. I suoi commensali, che avevano confuso la parola "Xantos" con 'santos', credettero che egli avesse scoperto nel vino qualità degne di essere definite "sante". Una variante a questa storia narra che egli abbia usato la parola Xanthos che in greco significa giallo. Questa probabilmente è la versione più verosimile per l’associazione della parola con il colore del vino.

Loro, i cantuccini, sono dorati, dalla tradizionale forma allungata e con all’interno un’esplosione di mandorle non sbucciate intere e a pezzi. Il nome potrebbe derivare sia da “canto” ovvero angolo, sia “cantellus” dal latino pezzo o fetta di pane.

Dei cantucci si parla anche nel Vocavolario dell’Accademia della Crusca del 1691: “biscotto a fette, di fior di farina, con zucchero e chiara d’uovo”. All’epoca i cantucci più conosciuti erano quelli prodotti a Pisa, ma le mandorle furono aggiunte successivamente nei così detti “biscottelli” che erano cucinati nelle cucine di Caterina de’ Medici e sono poi diventare un elemento caratteristico di questi squisiti biscotti a partire dalla seconda metà dell’Ottocento.

Nel XIX secolo Antonio Mattei, pasticciere di Prato, ne mise a punto una ricetta divenuta poi classica, con la quale ricevette numerosi premi a fiere campionarie in Italia e all'estero, tra cui una menzione speciale all'esposizione universale di Parigi del 1867. La bottega di "Mattonella" (nome popolare del biscottaio) esiste ancora oggi a Prato ed è considerata la depositaria della tradizione dei cantucci.

La ricetta:

Zucchero 200 grammi
Farina 250 grammi
Mandorle 100 grammi
Uova 2
Vanillina 1 bustina
Lievito 1 bustina

La farina setacciata va amalgamata con il lievito, le uova, lo zucchero, le uova, la vanillina, le mandorle tritate grossolanamente e un pizzico di sale.

Disporre l’impasto sotto forma di salsicciotti schiacciati lunghi circa 40 centimetri e distanziati tra di loro su una teglia con la carta forno sopra.

Infornare per 30 minuti circa a 180 gradi. Quando li sformate tagliate ad una distanza circa di 1 centimetro 1,5 centimetri rimetterli sulla teglia e farli dorare per altri 5 minuti su tutti i lati. Ecco i cantuccini perfetti.

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