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Domenica, 28 Aprile 2024
Cronaca

Cannabis terapeutica, la prescrizione è ancora un percorso a ostacoli: "Basta demonizzare"

L’esperto: “Sappiamo produrla, eppure ancora la importiamo”. Il racconto: "La visita medica? Come un interrogatorio"

Dai 58 chili del 2014 agli oltre 1.560 del 2022. I numeri del ministero della Salute mostrano la fortissima crescita della vendita di cannabis per uso terapeutico in Italia. Eppure, nonostante la richiesta sia sempre maggiore, farsela ‘segnare’ dal medico, sia gratuitamente che a pagamento, è spesso un percorso a ostacoli.

“La Toscana è stata la Regione capofila, la prima a legiferare in tema di cannabis terapeutica, poi si è un po’ complicata la vita e ci sono altre realtà, come la Lombardia o la Campania che l’hanno superata. Farsela prescrivere prima e ottenerla poi, non è semplicissimo”. A dirlo è Francesco Coriglione, farmacista galenico e membro della Società italiana ricerca cannabis.

Ad oggi la prescrizione di cannabis o cannabinoidi è a carico del sistema sanitario solo nei casi di dolore neuropatico, dolore oncologico, sclerosi multipla e sindrome di Gilè della Tourette, seguendo un iter ben preciso.

“Per accedervi occorre che il medico di base rediga una ricetta con cui avvia il paziente presso un’unità di cura del dolore”. Poi sarà lo specialista a stabilire il piano terapeutico. In ambito privato gli usi sono invece i più disparati perché ricade sulla responsabilità del medico. In ogni caso la cannabis non può essere prescritta come primo trattamento per la cura di una patologia, ma solo come terapia aggiuntiva o sostitutiva. Gratis o meno, però, le difficoltà rimangono.

"Demonizzazione"

“È complicato farsela prescrivere in ambito privato, figuriamoci in quello pubblico ci troviamo spesso davanti a un enorme muro. Ancora oggi - riprende Coriglione - assistiamo a una demonizzazione a tutto campo, eppure per migliaia di anni la cannabis è stata usata in ambito medico. Di cannabis non si muore, mentre gli oppiacei come la morfina creano dipendenza ed hanno notevoli effetti collaterali, in alcuni casi possono essere anche letali. Chiaramente - precisa - io sto parlando di un impiego terapeutico e sotto controllo medico, non mi riferisco a un uso ludico”.

Ma i problemi non si esauriscono una volta ottenuta la prescrizione: “In Lombardia, Campania o anche Sardegna con la ricetta del medico di famiglia puoi andare alla farmacia territoriale sotto casa, se la prepara. In Toscana invece devi rivolgerti alle farmacie ospedaliere ed è un ostacolo in più. E non è neanche detto che tutte siano attrezzate per prepararla e un cittadino di Siena, per esempio, non può venire a prendere la cannabis a Santa Maria Nuova, creando così cittadini di serie a e di serie b. Se consideriamo che siamo stati i primi a partire fa un po’ rabbia. Ci auguriamo che la Regione Toscana permetta ad un numero di farmacie con laboratorio certificato la preparazione in convenzione con il sistema sanitario regionale”.

"Costretti ad importarla"

Facendo poi un salto indietro, a monte dell’intera questione, c’è poi il tema della produzione: “Quella italiana copre appena il 10% del fabbisogno, così costretti a importarla, in misura comunque insufficiente. Eppure sarebbe bene farla noi: risparmieremmo, aumenterebbero Pil e occupazione. E in casa abbiamo il know how tecnologico e universitario”.

La produzione, esclusivamente indoor in serre, è statale ed è stata affidata ormai nel 2013 con un progetto pilota all’Istituto farmaceutico militare di Firenze. Lo scorso anno sono stati prodotti 300 chili, limite portato a 400 per il 2023. Attualmente è in corso la procedura per selezionare gli operatori economici per la coltivazione, si è conclusa la prima fase con sei aziende rimaste in corsa, ma i tempi non sembrano brevissimi. Sempre per il 2023, invece, è  stata aggiudicata una gara internazionale per importarne fino a 1.200 chili. Ma i numeri sembrano ancora troppo bassi.

"La visita? Come un interrogatorio"

“Sono stata fortunata perché il mio medico era scettico sulla prescrizione, invece è andata bene, ma l’iter è stato piuttosto lungo”. Mara (nome di fantasia), 48 anni, da quattro cura i forti dolori alla schiena con l’olio di cannabis.

“Sono stata costretta ad abbandonare ogni attività sportiva; i farmaci che mi aveva segnato l’ortopedico non mi facevano più niente e tutte le volte dovevo comunque assumere un gastroprotettore. Ho provato anche l’agopuntura ma, oltre al costo, se il giorno dopo la seduta facevo un movimento sbagliato ero un’altra volta punto e a capo. Alla fine, su consiglio di un amico, ho chiesto al mio dottore di tentare anche questa strada”. Che, appunto, non è stata semplicissima.

“Ho dovuto attendere sei mesi per la visita, che è stata quasi un interrogatorio. Avevo con me una documentazione infinita, dieci anni di risonanze magnetiche e radiografie e comunque mi sono state proposte una serie di alternative che però avevo già sperimentato”.

E così alla fine è arrivato il ‘via libera’, con piena soddisfazione: “Onestamente funziona, purtroppo non posso più guidare ma è il solo effetto collaterale. Ogni tre mesi ho la visita, esco col piano terapeutico e la ricetta e vado a ritirare l’olio, alla farmacia di continuità di Careggi o al laboratorio galenico di Santa Maria Nuova, che però è aperto solo due volte a settimana. Ecco, qui si potrebbe migliorare, avere la possibilità di prenderlo alla farmacia sotto casa o comunque nelle vicinanze sarebbe più comodo e anche più logico”.

FOTO - Cannabis di Stato, al Farmaceutico Militare triplica la produzione © Emiliano Benedetti

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