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Cronaca

10 battute indimenticabili del film Amici miei

Nel 2015 una delle pellicole più famose di Mario Monicelli festeggia 40 anni. Ecco le frasi più belle di un film che ha fatto la storia del cinema italiano

“Eccoli qui, gli amici miei. Cari amici…”
Così il Perozzi introduce i suoi compagni di scorribande, gli amici di una vita, ancora insieme, sempre pronti a partire verso una nuova, improbabile zingarata.

Ecco, questo vuol dire essere zingari, questa è la zingarata: una partenza senza meta, né scopi. Un'evasione senza programmi che può durare un giorno, due o una settimana. Una volta ricordo durò venti giorni, salvo complicazioni”
Un atto che profuma di  libertà, estro e desiderio, qualcosa che è come l'amore, spiega ancora il Perozzi, qualcosa che nasce quando nasce e quando non c'è più è inutile insistere, non c'è più. Ed è così che questo sgangherato gruppo di amici si approccia alla vita, coltivando il gusto tutto toscano di burle fantasiose e crudeli. 

“La supercazzola prematurata/ tarapia tapioco/ con scappellamento a destra/ come fosse antani”
Uno dei leitmotiv di tutta la trilogia, una battuta talmente esilarante da essere divenuta un’espressione proverbiale. Maestro indiscusso della supercazzola -serie di frasi senza senso atte a confondere e prendersi gioco dell’interlocutore- è il conte Lello Mascetti. 

“Ho visto la Madonna!”
Esclamazione pronunciata dall’architetto Melandri, spesso vittima delle frecce di Cupido. A colpirlo dritto al cuore stavolta è la moglie del chirurgo Sassaroli, che presto diventerà la sua donna. Ma non senza conseguenze esilaranti, legate all’ormai celebre “catena di affetti” che nessuno può spezzare. 

“Io restai a chiedermi se l'imbecille ero Io che la vita la pigliavo tutta come un gioco, o se invece era lui, che la pigliava come una condanna ai lavori forzati. O se l’eravamo tutt'e due”
Amara considerazione che il Perozzi fa confrontandosi con il figlio Luciano, uomo brillante ma completamente privo del senso dell’umorismo. 

“Bisogno sempre. Elemosina, mai”
Nobile decaduto, uomo dai molti vizi e dalle poche virtù, il conte Mascetti –secondo alcune fonti ispirato ad un personaggio realmente esistito- vive di espedienti parassitari. Indimenticabile la scena in cui si illustra la sua misera abitazione, dove “sembra c'è tutto e invece un c’è nulla”.

“Ma, amore… Cippa lippa!”
Uno degli imbarazzanti nomignoli con cui Il Melandri si rivolge all’ex moglie del Sassaroli, poi divenuta la sua compagna. 

“Ragazzi, come si sta bene fra noi, fra uomini! Ma perché non siamo nati tutti finocchi?”
Dopo essersi sfogato alla stazione schiaffeggiando i passeggeri alla stazione di Santa Maria Novella, il Melandri pronuncia quella che suona come una dichiarazione d’amore in piena regola ai suoi amici.

"Che cos'è il Genio? È fantasia, intuizione, decisione e velocità d'esecuzione"
Frase che riassume tutta la poetica del quintetto, che tra una supercazzola e una zingarata è sempre pronto a canzonare il prossimo, con acume e dissacrante genialità.

"(...) Però è stata una bella giornata: bella, libera, stupida, come quando s'era ragazzi. Chissà quando ne capiterà un'altra... 
L'ultimo, poetico pensiero del Perozzi, prima di addormentarsi e non svegliarsi mai più. Ma non senza aver prima fatto un'esilarante supercazzola al prete venuto a confessarlo.  

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