rotate-mobile
Angolo dell'avvocato

Angolo dell'avvocato

A cura di Lucrezia Baldini & Francesco Vignali

:::: Avv. Lucrezia Baldini Avvocato presso il Foro di Firenze :::: Avvocato iscritto all’Albo degli Avvocati dell’Ordine di Firenze, svolge la professione a Firenze, occupandosi sia di diritto civile, penale che amministrativo. Laurea Magistrale in Giurisprudenza conseguita presso l’Università degli Studi di Firenze con tesi in diritto amministrativo comparato. Diploma di specializzazione conseguito presso la Scuola di Specializzazione in Professioni Legali dell’Università degli Studi di Firenze. Prima di svolgere la professione in modo autonomo, ha collaborato come avvocato presso lo studio legale “Alberto Bianchi e Associati” di Firenze, dove si è occupata prevalentemente di diritto amministrativo e civile, non trascurando tuttavia di coltivare il proprio interesse per il diritto penale. :::: Avv. Francesco Vignali Avvocato presso il Foro di Firenze :::: Fin dagli anni dell’università incentra il proprio percorso formativo sullo studio delle discipline penalistiche, sostanziali e processuali. Consegue la laurea magistrale in Giurisprudenza presso l’Università degli Studi di Firenze, discutendo una tesi in diritto processuale penale. Svolge la pratica forense presso uno studio legale fiorentino operante prevalentemente nel settore del diritto penale, nel quale ha modo di seguire da vicino alcuni importanti processi di rilevanza nazionale (tra gli altri, i processi di primo grado e di appello a carico di Francesco Tagliavia per le stragi mafiose del ‘93, il processo di Milano per il sequestro e omicidio della testimone di giustizia Lea Garofalo), coltivando la propria passione per la materia penalistica. Negli anni della pratica professionale, frequenta altresì la Scuola di Specializzazione per le Professioni Legali dell’Università degli Studi di Firenze, conseguendo il relativo diploma di specializzazione. È attualmente iscritto all’Albo degli Avvocati dell’Ordine di Firenze e svolge la professione a Firenze.

Angolo dell'avvocato

Atti osceni in luogo pubblico: dopo la depenalizzazione cosa si rischia davvero?

Una breve panoramica sugli atti osceni e sulle altre fattispecie oggetto di depenalizzazione dopo gli interventi legislativi del 2016

La recentissima notizia di un uomo di 39 anni denunciato perché colto nell’atto di toccarsi le parti intime davanti all’ingresso di una palestra a Brozzi offre lo spunto per una sintetica ricognizione in ordine alla fattispecie di atti osceni ed agli altri reati recentemente depenalizzati. In particolare, con i decreti legislativi nn. 7 e 8 del 2016, il legislatore ha compiuto un intervento normativo su numerose fattispecie penali.

Le modifiche seguono due direttrici specifiche: da un lato la depenalizzazione e la sostituzione con la nuova figura della sanzione pecuniaria civile irrogata dal giudice civile (da versarsi alla Cassa delle Ammende) oltre che la possibilità per il danneggiato di chiedere il risarcimento del danno in sede civile, dall’altro l’abrogazione con previsione di una sanzione pecuniaria amministrativa.

Nel complesso tale intervento si inscrive nello spirito deflattivo del legislatore, volto ad alleggerire il carico dei Tribunali e delle Procure in riferimento a quei reati che, nella prospettiva attuale dei consociati, risultano di minore gravità e allarme sociale.

Ebbene, depenalizzare significa, in linea generale, trasformare il reato in illecito amministrativo. Ciò comporta che il soggetto ritenuto responsabile dovrà pagare una sanzione pecuniaria allo Stato

Nello specifico, sono stati depenalizzati ed oggi, se dolosi, obbligano, oltre che alle restituzioni e al risarcimento del danno nei confronti del danneggiato, anche al pagamento della sanzione pecuniaria civile le seguenti fattispecie (d.lgs. n. 7/2016):

1) art. 485 c.p. (falsità in scrittura privata);

2) art. 486 c.p. (falsità in foglio firmato in bianco. Atto privato);

3) art. 594 c.p. (ingiuria);

4) art. 627 c.p. (sottrazione di cose comuni);

5) art. 647 c.p. (appropriazione di cose smarrite).

Sono stati invece oggetto di abrogazione e sono oggi puniti con sanzione amministrativa pecuniaria le seguenti fattispecie (d.lgs. n. 8/2016):

1) tutti i reati sanzionati con la sola pena pecuniaria (multa o ammenda), fatta eccezione per quelli previsti dal codice penale e dalla legislazione speciale in materia di immigrazione;

2) - atti osceni ex art. 527, comma 1 c.p. (ma rimane sanzionata penalmente, con la reclusione da quattro mesi a quattro anni e sei mesi, l’ipotesi prevista dal comma 2, laddove il fatto venga commesso all’interno o nelle immediate vicinanze di luoghi abitualmente frequentati da minori e se da ciò derivi il pericolo che essi vi assistano);

- pubblicazioni e spettacoli osceni ex art. 528 c.p. (ove la rilevanza penale rimane solo nelle particolari ipotesi di cui al comma 3);

- rifiuto di prestare la propria opera in occasione di un tumulto ex art. 652 c.p.;

- abuso della credulità popolare ex art. 661 c.p.;

- rappresentazioni teatrali o cinematografiche abusive ex art. 668 c.p.;

- atti contrari alla pubblica decenza ex art. 726 c.p.

3) alcuni reati previsti da leggi speciali, in precedenza puniti con pene detentive, sole, congiunte o alternative a pene pecuniarie (tra i più rilevanti, l’omesso versamento delle ritenute previdenziali per importi inferiori a 10.000 euro).

Alla luce della breve analisi compiuta, per quanto concerne gli atti osceni, si può concludere che ad oggi il responsabile sarà quindi chiamato a pagare una sanzione pecuniaria.

Nelle ipotesi, invece, di atti compiuti presso luoghi frequentati da minori e se sussiste il pericolo che questi vi assistano, come nel caso avvenuto a Brozzi innanzi ad una palestra, il fatto rimarrà sanzionabile penalmente (reclusione da quattro mesi a quattro anni e sei mesi). Ovviamente ciò perché il bene giuridico della integrità morale del minore fa mantenere alla condotta quel forte disvalore sociale che ha perso in relazione ai maggiorenni.

In riferimento al rapporto con altri reati è interessante evidenziare la distinzione tra gli atti osceni (art. 527 c.p.) e gli atti contrari alla pubblica decenza (art. 726 c.p.). I primi ledono il pudore sessuale, recando al soggetto costretto ad assistervi delle sensazioni di disgusto oppure rappresentazioni o desideri erotici. I secondi, invece, offendono i “criteri di convivenza e di decoro che debbono essere osservati nei rapporti tra i consociati, provocando in questi ultimi disgusto o disapprovazione”  (Corte Cass. n. 37823/2013), come nel caso di chi è visto fare bisogni all’aperto.

In Evidenza

Potrebbe interessarti

Atti osceni in luogo pubblico: dopo la depenalizzazione cosa si rischia davvero?

FirenzeToday è in caricamento